mercoledì, gennaio 25, 2006

Storia delle arti marziali. Il kung fu (prima parte)

Il , l'arte marziale per eccellenza, è da considerarsi un pò la madre di tutte le discipline orientali dedite al combattimento. Originario dell'antica , deve la sua fama ai monaci Shaolin, che più di 2300 anni fa codificarono degli esercizi ginnici che imitavano i movimenti degli animali e le loro strategie di difesa e attacco. Questo, da un lato fortificava i loro corpi fortemente penalizzati da lunghe ore di meditazioni e preghiere in posizioni chiaramente statiche; dall'altro li rendeva degli invincibili guerrieri, abili nel combattimento a mani nude ed esperti nell'uso di innumerevoli tipi di armi (spada, bastone, lancia...).

Il termine Kung Fu, che tradotto potrebbe significare più o meno "esercizio tecnico eseguito perfettamente dopo un lungo allenamento", la dice lunga sul contesto generale che esso vuole rappresentare e cioè un costante ed intenso lavoro, sia fisico che mentale. Ora, se noi guardiamo all'arte del combattimento come fatto storico, scopriamo che già 5000 anni fa si parlava di , come l'arte della guerra durante il regno di Ch'i She Huang Ti primo imperatore della Cina, famoso per l' esercito di terracotta (circa seimila statue a grandezza naturale che raffiguravano guerrieri, cavalli e carri posti a guardia della tomba dell'imperatore) e per l'avvio alla costruzione della "grande muraglia", che serviva a proteggere tutto il nord della Cina dalle invasioni mongole. Ed è proprio durante queste guerre che i cinesi elaborarono le loro strategie tecniche che chiamavano Gong Fu, annotando e perfezionando ogni gesto utile per un fine vittorioso in battaglia. Ma è sicuramente a che il combattimento tecnico diventò l'arte marziale per eccellenza, che unisce all'abilità fisica la spiritualità religiosa che essa ha nel suo interno.

Ora, se noi guardiamo di nuovo alla storia, dobbiamo dire che anche la vecchia Europa ha contribuito e non di poco, all'arte del combattimento. Tutte le guerre di conquista hanno portato un notevole sviluppo tecnico. Come non pensare alla Roma dei cesari, che con i loro legionari superallenati (potremmo paragonarli a dei perfetti marines), conquistò gran parte del mondo allora conosciuto.
E che dire della scherma spagnola?L'abilità dei loro spadaccini e la pregiatezza delle loro lame era un vanto in tutta l'Europa, forse solo il Giappone con i suoi Samurai poteva superare la loro abilità nell'uso e nella forgiatura delle spade, con le loro famose e katane. Ma qui il discorso è diverso, perché mentre per un europeo generalmente la propria arma è uno strumento tecnico, per un giapponese, soprattutto dell'epoca medievale, la propria katana era spiritualmente e fisicamente "inscindibile" dal proprio essere.

Perché, quindi, l'arte della guerra l'arte del combattimento in oriente è associata al termine di arte marziale?
Forse per quel senso estetico che da sempre caratterizza i movimenti tecnici del Kung Fu, forse perché ogni gesto è legato spiritualmente agli animali o alla natura, forse perché diventare abili in qualcosa richiede molta fede in ciò che si fa e molta riconoscenza per quello che si è appreso. L'abilità tecnica è appunto considerata un'arte, forse per tutte queste cose insieme e tante altre ancora.

E' per questo quindi che le arti marziali continuano ad affascinare ormai tutto il mondo ed ogni zona geografica, ogni continente o nazione, ha rielaborato, codificato ed adattato alle proprie esigenze la propria arte marziale (continua)


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domenica, gennaio 22, 2006

Kung Fu e Psicologia: il nostro carattere nel combatimento

Dopo tanti anni d'insegnamento del kung fu e delle , mi sono reso conto che ognuno di noi praticanti esprime inconsapevolmente i propri aspetti caratteriali durante il combattimento tecnico (quello che si fa in palestra per intenderci ed osservando quotidianamente i miei allievi più esperti, ho potuto riscontrare che proprio nel combattimento libero, esprimevano ciò che normalmente erano nella vita di tutti i giorni, conoscendoli ormai da tempo.
Ho quindi notato che la persona che nel quotidiano è un esuberante, tende a combattere in maniera un po' agitata, ricca di colpi, che spesso vanno a vuoto e con un grosso dispendio d'energie. C' è poi il tipo tutto precisino, sempre ben vestito e curato nel look che nel combattimento assume spesso le posizioni più estetiche con un effetto ottico mirabile e con un grande autocompiacimento.
Viceversa, la persona normalmente timida, avrà inizialmente un approccio molto riservato, con atteggiamenti sempre difensivi, ma non per questo meno efficaci dando il meglio di sé proprio quando è messo sotto pressione. C' è poi il tipo tutto "parlantino", quello appunto che non smette mai di parlare o di puntualizzare, ed anche durante il combattimento trova sempre il modo di discutere le tecniche, di commentare ora la velocità, ora la potenza, perdendo spesso l'attimo giusto per chiudere un combattimento. C' è anche il tipo introverso, un po' scontroso, che pur avendo provato e riprovato le tecniche giuste, tenderà sempre a combattere in maniera atipica, con colpi privi di un contenuto tecnico, pur di non eseguire il giusto programma.
Viceversa, c' è il tipo che caratterialmente vorrebbe fare mille cose tutte insieme e quindi anche nel combattimento tecnico, eccede in azioni che spesso risultano nulle (se non controproducenti). Insomma osservando quotidianamente gli combattere, è divertente notare le loro caratteristiche personali uscire fuori.
Anche io comunque non sono immune da queste particolarità e visto che credo d'essere una persona spesso suscettibile, ma tenace ed orgogliosa, mi accorgo che anche quando sono io a combattere con gli allievi anziani l'inizio è tutto molto tranquillo, però se il combattimento comincia ad aumentare d'intensità, anche la mia reazione aumenta, accelerando i contrattacchi, per riportare tutto alla normalità, accettando comunque ogni tipo d'aggressione, che stimola moltissimo il mio orgoglio personale, abituato a non cedere mai.

Questo tipo di considerazione sull'espressività caratteriale, che ho riscontrato nei miei allievi durante i combattimenti, si riferisce comunque a ciò che avviene durante gli allenamenti, quindi senza stress emotivi. Se si trattasse di , sarebbe tutto un altro discorso.

visita la pagina dedicata ai corsi di difesa personale sul sito ufficiale www.rtschool.it

sabato, gennaio 21, 2006

L'insegnamento nel kung fu e nelle arti marziali


L' insegnare, di per sé è forse la cosa più difficile e complicata da realizzare, qualunque sia la materia in questione (arte, sport, matematica, scienze, musica, dialettica, mestieri, medicina...), è' auspicabile che sia, se non la competenza, almeno la passione, a spingere l'intenzione d'insegnare. E' chiaro che una forma di vanità ed un autocompiacimento, probabilmente, è presente in tutti gli insegnanti in generale, ma è comunque una grande responsabilità e questo fa si che sia un grande onore aver la possibilità di divulgare la propria materia di competenza.
Sembrerebbe logico che ad insegnare debba essere per forza il più competente, il più intelligente, il più forte, il campione, ma non sempre è così. Se prendiamo ad esempio lo sport, vedremmo che raramente grandi campioni sono poi diventati grandi insegnanti od allenatori. Questo perché il campione, per essere tale, ha spesso delle qualità personali innate, che raramente riesci a trasmettere (probabilmente perché non si rende conto di essere un privilegiato), da qui la difficoltà ad esprimere le proprie conoscenze tecniche.
Comunque, anche l'ipotetico campione, il cosiddetto talento naturale, se non è ben guidato, ben indirizzato, ben preparato, sia fisicamente che mentalmente potrebbe "perdersi" e perdere facilmente le proprie qualità.
E' per questo che è così importante la professionalità, la competenza, la passione, l'umanità e la determinazione dell'insegnante di e di arti marziali. La figura dell'insegnante è vista come un dato di fatto, cioè il Maestro è di per sé colui da imitare e seguire incondizionatamente, forse perché ci si abitua sin dall'inizio a seguire gli allievi più esperti e le cinture nere, cosicché il Maestro rappresenta il gradino più alto, quello con più esperienza, con più conoscenza e con più anni di pratica alle spalle.
Anche in questo caso, le cose non sono così semplici come sembra, questo perché il percorso individuale che ogni atleta decide di intraprendere, può avere diversi riscontri. L'ipotetico Maestro, può essere stato un grande agonista del combattimento ed insegnare il suo personale metodo, con allenamenti e strategie proprie, per formare atleti combattenti, oppure può essere stato uno specialista del movimento figurativo ed estetico e formare i propri allievi, in base ai propri criteri marzialistici, oppure può essere stato un cultore dell'atletismo acrobatico, oppure un ricercatore della propria energia interna o della propria forza esterna. Insomma ognuno insegnerà una propria verità, un proprio credo, un personale modo di intendere le e potrà insegnarle, rappresentandosi in modo violento o didattico, o esclusivamente per uso sportivo, o meditativo, o terapeutico.

Le , più di ogni altro sport "se così vogliamo chiamarle", sono quelle che più vengono influenzate dalla persona stessa che le pratica e soprattutto che le insegna, perché immancabilmente, il carattere di che le pratica o di chi le insegna, in qualche modo traspare in esse.

I fondamentali: le leve articolari ( conclusioni)

Un corpo sano e allenato, con un'adeguata muscolatura, è certamente un vantaggio in un contrasto fisico, ma anche il corpo più preparato fisicamente non è immune dai pericoli fisici, ci sono punti cruciali che non possiamo migliorare con l'allenamento che se colpiti produrrebbero danni veramente seri. I più importanti sono: gli occhi, che anche se sono solo sfiorati, si rischia minimo la lacerazione della cornea; i genitali, che se colpiti, oltre all'intenso dolore e shock provocato, c' è il rischio di danni maggiori che porterebbero anche alla sterilità; la gola, il mento, la nuca, le tempie, le orecchie nella zona del timpano, la base del naso, il cuore, il fegato, la milza, la zona ascellare, la colonna vertebrale, la rotula del ginocchio, ecc... insomma tante parti del nostro corpo che se colpite possono creare da un lato emorragia interna, shock, fratture, lacerazioni, svenimenti e collassi, tutte cose non certo piacevoli. Quante volte abbiamo sentito nei notiziari televisivi di aggressioni finite in tragedia per le conseguenze di una colluttazione, magari per aver ricevuto un colpo al corpo (vedi calcio) che ha provocato la rottura della milza, o aver provocato la frattura di una costola, che ha bucato un polmone, con conseguente emorragia interna, o ancora, aver ricevuto un colpo alla testa provocando un ematoma celebrale dagli esiti anche letali, senza contare le conseguenze che si avrebbero in caso di scontro con le armi contundenti (vedi bastoni, catene o coltelli), insomma il nostro bellissimo corpo anche se risulta all'apparenza molto forte e ben fatto ha moltissimi punti deboli, che vanno salvaguardati.
Lo studio delle, tra le altre cose, ha proprio nel suo interno l'intento di conoscere e controllare tutti questi punti vitali per evitare di subirne le conseguenze, ma anche per approfittarne in caso di pericolo vitale.
La pratica costante in palestra, permette di controllare gli eccessi d'ira e di sviluppare una precisione chirurgica nello sfruttare nel momento di bisogno i punti deboli fisici di un ipotetico aggressore, senza però arrivare a commettere una tragedia, laddove non ce ne fosse la reale necessità. Anche perché non tutti gli studenti iscrittisi ai corsi riescono a comprendere che per essere efficaci nel combattimento, bisogna allenarsi per molto tempo, provando e riprovando gli esercizi tecnici, fino ad acquisire la giusta padronanza.
Spesso chi si avvicina al kung fu ed alle arti marziali, lo fa senza una vera motivazione, magari perché spinto da un amico, magari solo per fare un po' di ginnastica, o magari con l'idea di diventare subito dei superuomini, per poi accorgersi che è tutto molto più complicato ed è solo la pazienza, la passione e la competenza dell'insegnante a far nascere quella scintilla di curiosità che spinge l'allievo a continuare nella pratica. Le motivazioni delle ragazze e dei ragazzi poi, sono spesso diverse: le prime vorrebbero la sicurezza della difesa personale, l'autostima fisica, la perdita delle paure inconsce dell'aggressione;mentre i ragazzi cercano subito il gesto atletico, l'uso della forza, l'espressione della grinta e non sempre quest'ultima è una prerogativa maschile.
E' bello comunque vedere in entrambi, quella luce di curiosità per questo mondo , che tanto può offrire.

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I fondamentali: le leve articolari ( 2a parte)

Insomma, l'arte delle leve e chiavi articolari, permette tantissime soluzioni per districarsi da un'aggressione ravvicinata, va però tenuto presente che non tutti reagiscono al dolore allo stesso modo, ci sono persone che anche se messe sotto pressione da una leva o da una torsione, sopportano benissimo la propria sensazione del dolore, magari perché hanno delle articolazioni particolarmente elastiche, oppure perché hanno preso degli eccitanti (droghe, alcool, ecc...) perciò è bene saper abbinare all'arte del , l'abilità nel colpire tipica delle arti marziali, con pugni, calci e quant' altro si è in grado di realizzare.

Ora che abbiamo spiegato a grandi linee che cos' è una leva e una chiave articolare, anche con degli esempi tipo, vorrei sottolineare un aspetto molto importante del contatto ravvicinato e cioè le prese al collo. Anche qui, vista la delicatezza dell'argomento nonché la sua pericolosità, bisognerebbe avere una certa conoscenza anatomica, soprattutto sui pinti che si vanno "a sollecitare" (diciamo così).
Nella Taramanni Kung Fu School classifico le prese al collo, con una terminologia indicativa del tipo di presa che viene fatta e cioè:
  1. presa da soffocamento
  2. presa da strangolamento
  3. presa con torsione
Queste prese sono tutte estremamente pericolose, con conseguenze anche letali.

Per presa da soffocamento, intendiamo quel tipo di stretta che può avvenire sia con la classica presa del braccio intorno al collo, oppure con la pressione esercitata dai baveri del vestiario, che può essere una divisa sportiva (vedi kimono), oppure una giacca qualunque. pressione che si ottiene incrociando le prese ai baveri dell'indumento, in modo da chiudere il passaggio del sangue al cervello (e di conseguenza l'ossigeno), premendo sull' che si trova ai lati del collo. Questo tipo di presa permette a chi la subisce di avere a disposizione solo qualche secondo per tentare una reazione, prima di svenire per mancanza di ossigeno al cervello. E' quindi importantissimo saper controllare l'azione, soprattutto durante l'allenamento.

La presa al collo da strangolamento non differisce molto come gesto tecnico, soltanto che la spinta di pressione agisce essenzialmente nella parte centrale del collo sollecitando la zona tracheale in maniera da provocare un immediato senso di soffocamento e dolore con conseguenze anche letali.

Per quanto riguarda le torsioni del collo, io ritengo che siano le più pericolose, e questo perché non ci può essere un controllo mirato del gesto tecnico, l'efficacia risolutoria si ha proprio nella sua immediatezza. A meno che non la si voglia rappresentare al rallentatore, mostrando come, ruotando velocemente la testa dell'ipotetico aggressore, si può provocare la lacerazione dell'arteria tracheale che provocherebbe un'immediata emorragia celebrale e di conseguenza anche la morte.
Come letale può essere il gesto di spingergli violentemente la testa all'indietro, con conseguente rottura della , che provocherebbe la fuoriuscita del midollo spinale e quindi la morte.
Ora, lungi da me l'idea di voler rappresentare un trattato di anatomia forense, vorrei solo far capire che spesso ci dimentichiamo di quanto può essere fragile il corpo umano e di conseguenza è molto pericoloso improvvisarsi nelle tecniche considerate letali, senza un'adeguata preparazione sia fisico anatomica, sia psicologica, che ci permetta di valutare i pro e i contro delle nostre azioni sia durante l'allenamento con i nostri compagni sia in un'aggressione reale, che a meno di non essere un soldato in , potrebbero avere conseguenze drammatiche (continua)

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domenica, gennaio 15, 2006

I fondamentali: le leve articolari (prima parte)

Lo studio delle leve articolari (nel Kung Fu si dice Cin Nà), rappresenta forse il punto più importante nell'arte del combattimento. Non c' è sistema che non ne applichi i principi tecnici, che sono poi essenziali nel momento del contatto con l'avversario quando non si vuole solo colpire, ma anche immobilizzare, torcere, mettere in tensione o anche lussare qualche osso, mediante appunto delle leve o chiavi articolari dolorosissime.

Il principio fisico è quello di spingere l'articolazione ad un eccessivo stato di tensione, fino a provocare dolore, oppure far seguire una traiettoria innaturale con delle torsioni, che se eseguite fino in fondo provocherebbero la fuoriuscita dell'articolazione dalla propria sede naturale (vedi lussazione). Proprio per la sua pericolosità, ma anche per la non facile applicazione delle tecniche, il sistema andrebbe studiato minuziosamente anche sul piano anatomico, visto che può essere applicato in tutto il corpo, anche se sono le braccia i soggetti più sollecitati. Dita, polsi, gomito e spalla sono i punti più cercati per applicare delle leve o delle chiavi articolari.
La differenza trai i due termini, prevede che la leva articolare avvenga con un contatto immediato dell'arto che si vuole controllare; la chiave articolare invece, avviene dopo una piccola serie di passaggi che porteranno poi a chiudere e immobilizzare l'articolazione definitivamente (questo è il mio modo di insegnarle).

Come ho già avuto modo di dire precedentemente, ogni sistema di combattimento trova le proprie applicazioni tecniche, è chiaro che più è corta la distanza, più aumenterà la possibilità di applicare delle chiavi articolari, questo significa che un lottatore avrà l'occasione di applicarle anche alle gambe (vedi ginocchio e piede), visto il contatto diretto anche al suolo.
E' comunque un principio basato essenzialmente sulla difesa personale, laddove non si vuole essere colpiti, bloccati, strattonati, ecc. Visto che la sottile differenza tra il controllo, la sensazione del dolore e l'immobilizzazione è deciso da chi applica la tecnica, bisognerà essere molto abili nel trovare delle alternative, laddove l'avversario reagisca ad una presa nel tentativo di liberarsi. Si deve avere subito la capacità di trovare un altro punto di appoggio, magari andando proprio a sfruttare la reazione dell'avversario per bloccarlo di nuovo. Esempio: se noi blocchiamo il braccio che sta per colpirci e applichiamo una leva al gomito e questi nel tentativo di liberarsi riesce a piegare il braccio, noi invece di opporre un'ulteriore resistenza, agevoleremo la difesa del nostro avversario cambiando immediatamente punto di appoggio della leva e dal gomito andremo a cercare l'articolazione della spalla con un movimento laterale, per poi magari portarlo a terra, o colpendolo ripetutamente con colpi di ginocchio al corpo. Questo è un classico esercizio che fa parte del programma TKS, come pure la torsione del polso, per difenderci da una presa, oppure piegare il braccio dell'avversario dietro la spalla come fanno i poliziotti quando vogliono bloccare e ammanettare un malvivente, e magari per continuare l'azione potremmo piegare la gamba, colpendola con un calcio interno dietro al ginocchio controllandolo con una presa al collo da soffocamento (continua).

per esempi pratici visita la sezione foto e filmati sul sito ufficiale www.rtschool.it

martedì, gennaio 10, 2006

I fondamentali: i calci ( seconda parte)

Il primo calcio che viene insegnato in genere è il calcio frontale, è chiaramente un calcio dritto, senza nessun tipo di rotazione ; può essere eseguito sia con la gamba avanzata o partendo dal caricamento della gamba dietro e i punti di impatto sono l'avampiede, pianta e tallone o il collo del piede in caso di calci ai genitali. E' comunque un calcio che in genere colpisce il corpo dell'avversario nella zona del busto.

Il calcio circolare invece necessita di una preparazione più mirata, perché essendo un calcio che esegue un percorso a mezzaluna, i fianchi, le anche e il piede d'appoggio, devono ruotare insieme in modo che il ginocchio sia almeno ad angolo retto. Il caricamento si ha piegando la gamba dietro la coscia, in un movimento fluido e non meccanico, i punti d'impatto sono il collo del piede, l'avampiede e la tibia: è un calcio molto potente e veloce e può colpire in qualsiasi parte del corpo, dal basso all'alto, basta essere adeguatamente preparati e sciolti.

Il calcio laterale invece può avere due caricamenti diversi, ma sempre eseguiti con il lato del corpo. In uno si solleva il ginocchio, caricando la gamba e piegandola verso il basso, in questo modo si tirerà un calcio usando tutta la lunghezza della gamba, ma senza l'ausilio del fianco. L' altro modo di tirare il calcio laterale (il mio preferito) prevede che il caricamento venga fatto sempre di profilo, ma rannicchiando la gamba verso il petto senza abbassarla, in modo da far scattare il calcio girandosi quasi di spalle per poter usare sia la lunghezza della gamba sia quella del fianco; in entrambi i modi comunque, il piede della gamba d'appoggio deve ruotare di lato insieme ai fianchi. Il punto d'impatto del calcio laterale è il taglio del piede o la pianta e tallone.

Veniamo ora al calcio forse più rappresentativo delle arti marziali, il calcio girato o coda, come si usa chiamarlo nel Kung Fu, con un chiaro riferimento agli animali.
Il calcio girato è una delle tecniche più usate nei film di arti marziali, vista la sua spettacolarità, può essere eseguito in tantissimi modi e tutti con un grado di difficoltà molto elevato. C' è il laterale girato, il calcio uncinato, la coda tesa, il calcio girato verticale, la spazzata girata, ecc. e anche se sono calci che adottano un diverso modo di colpire, il denominatore comune è sempre lo stesso, una rotazione completa o quasi del corpo. Nel laterale girato si esegue una mezza rotazione per colpire l'avversario, ruotando contemporaneamente il busto, i fianchi, i piedi e la testa nella direzione del bersaglio, avendo l'accortezza di far partire la gamba un attimo prima di aver girato il busto verso l'avversario in modo da rimanere comunque di profilo con il corpo.
Nel calcio girato uncinato e nella coda tesa, il giro del corpo è completo, cioè 360°, il primo colpisce il bersaglio piegando la gamba durante la rotazione e colpendo con la pianta del piede e con il tallone; nella coda tesa invece, la gamba durante la rotazione è completamente dritta ma in posizione orizzontale e il punto d'impatto è in genere il tallone. E' un calcio che generalmente mira alla testa dell'avversario. Nella coda tesa bassa invece, il bersaglio sono le gambe che vengono colpite da dietro cercando di falciarle tutte e due contemporaneamente per far cadere l'avversario. In genere questi calci vengono chiamati spazzate circolari girate.

Nel calcio girato che nella TKS Taramanni Kung Fu School chiamiamo coda di tigre, si esegue sempre una rotazione di 360° e la gamba che segue il movimento del corpo completamente è tesa verso l'alto, con il piede in posizione verticale, non c' è nessun piegamento del busto, vista la posizione del piede e il punto d'impatto in genere è l'esterno del piede. E' comunque un calcio velocissimo, che i brasiliani della Capoeira eseguono alla perfezione.
Ci sono inoltre i calci girati volanti, tutte tecniche molto spettacolari, che richiedono una grande preparazione atletica e anche se in un combattimento reale basato essenzialmente sulla difesa personale le tecniche acrobatiche non hanno lo spazio necessario per essere eseguite, visto l'immediato contatto con l'avversario, è quantomeno gratificante saper eseguire tutti i tipi di calcio ( basso, alto, stoppato, spazzato, girato, saltato, ecc...). Questo renderà il nostro corpo allenato e preparato ad eseguire qualsiasi tecnica, nel momento in cui si presenti la situazione.

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lunedì, gennaio 09, 2006

I fondamentali: i calci ( parte prima)

L' argomento che andremo adesso a trattare, rappresenta un po' il fulcro delle arti marziali e cioè i calci. Ogni sistema ha sviluppato un modo proprio di tirare calci, sia che si voglia interpretare un combattimento tecnico, oppure un'esibizione acrobatica, o solo per difesa personale, si può quindi calciare basso, alto, spazzare, calciare saltando, piroettare, ecc... ma sempre con un fine comune, colpire l'avversario non con le braccia, ma con le gambe.

I punti di impatto sono tanti: si può colpire con il collo del piede, con la tibia, con la pianta del piede, con l'avampiede, con il tallone, con il lato del piede (è un po' come il taglio della mano), ma anche con il ginocchio o con l'esterno del piede.

Il calcio quindi può essere: frontale, circolare, laterale, a martello, a ventaglio, a schiaffo, calcio girato (comunemente chiamato coda), calcio saltato, spazzato, doppio o triplo, stoppato, ecc. Insomma, una grande varietà di calci che vanno comunque interpretati, in base al tipo di arte marziale, ma più precisamente al tipo di combattimento che si intende eseguire. Ciò significa che se ci troviamo a corta distanza, con il nostro avversario, anche i nostri calci saranno corti, quindi bassi, magari spazzando o colpendo le articolazioni, ma se la distanza si allunga, ecco che i calci alti e i salti, possono essere eseguiti tranquillamente.
L'arte marziale più rappresentativa per quanto riguarda l'uso dei calci è senz'altro il Taekwondo, disciplina coreana tradizionale ormai sport olimpico, deve la sua fama soprattutto ai calci volanti eseguiti in maniera eccellente, talvolta anche doppi o tripli. L'origine di queste tecniche, sembra fosse nell'abilità che avevano i piccoli coreani nel disarcionare gli attaccanti a cavallo con dei salti prodigiosi. Come ho già detto quindi, ogni sistema ha adottato un suo programma di calci: veloci e sicuri come nel Karate, potenti e distruttivi come la Muay Thai (disciplina thailandese), maestra nell'eseguire del calci circolari portati con la tibia o con le ginocchia, o come nella Capoeira brasiliana, in cui i calci girati sono eseguiti così velocemente che è quasi impossibile intercettarli, anche perché spesso sono abbinati a delle vere e proprie acrobazie, degne di un ginnasta. Come vere acrobazie, sono i calci del Kung Fu, che con il suo imitare gli animali, ha aperto la strada a tutto il mondo marziale.

Il programma Chuan Shu Long TKS, da' molta importanza all'uso dei calci, anche se il sistema predilige la corta distanza, i calci comunque hanno un ruolo chiave nell'allenamento, questo perché avere padronanza nelle gambe, rende facile tutto il movimento del corpo, il lavoro sui fianchi, le anche e lo stretching è quindi molto mirato, perché è proprio la rotazione dei fianchi che permette la corretta esecuzione dei calci.Adesso andiamo nel dettaglio (continua)

domenica, gennaio 08, 2006

I fondamentali: le parate ( seconda parte)

Il programma tecnico che viene insegnato nel sistema Chuan Shu Long della Taramanni Kung Fu School per quanto riguarda le parate da colpo, prevede come base di partenza uno schema a croce di quattro parate dove il colpo ricevuto, in questo caso un pugno, viene o spostato in alto, o in basso, o da un lato all'altro. E' un po' come farsi il segno della croce, chiaramente si usa un braccio solo, sia il sinistro che il destro. I punti di impatto sono: il polso e il palmo, oppure il taglio della mano, sia che si voglia solo spostare i colpi o che si voglia colpire con forza per contrastare l'azione d'attacco.

Il secondo schema prevede l'utilizzo di sei parate eseguite contemporaneamente da tutte e due le braccia; il principio è sempre lo stesso, deviare l'attacco di pugno spostandolo, a sinistra, a destra e in alto e in basso, facendo attenzione di rimanere sempre fuori dalla linea di attacco dell'altro pugno dell'avversario. Qunindi, se si viene attaccati con il pugno destro noi pareremo il colpo spostandolo in modo da trovarci fuori dalla sua guardia, per non essere colpiti dall'altro pugno, cosa che avverrebbe se ci trovassimo dentro la sua guardia.

Il terzo schema di base, prevede l'utilizzo di dieci parate, oltre alle sei sopraelencate, l'esercizio prosegue usando come punto di contatto i gomiti, sempre per deviare i colpi ricevuti e sempre usando sia la sinistra che la destra contemporaneamente e sempre deviando i colpi da un lato all'altro e in alto e in basso.

L'esecuzione di questi esercizi tecnici, non viene fatta assumendo una posizione di guardia libera, ma rimanendo in posizione frontale sia l'attaccante che il difensore, in modo da sviluppare con il tempo la capacità di usare sia la sinistra che la destra, in modo uguale, senza avere per forza una guardia dominante, con grandi vantaggi nel momento del combattimento libero. E' per questo che gli esercizi vengono eseguiti bilateralmente.

Ricorda: gli esercizi tecnici sopraelencati, sono stato elaborati come forma di apprendimento di base, questo vuol dire che quando si è raggiunto quel grado di esperienza, velocità e padronanza tecnica, ogni attacco può essere contrastato, anticipato, ammortizzato, o ritorto contro l'avversario, rimanendo fuori dalla sua guardia o entrando nella sua guardia, in questo caso dobbiamo essere talmente veloci da parare e colpire contemporaneamente, bloccando ogni azione dell'avversario. Ci vuole comunque molto allenamento e molta precisione. Questo ci porterà ad un livello superiore, in cui le parate in realtà diventano degli anticipi che stoppano e chiudono la guardia dell'avversario bloccandolo e colpendolo contemporaneamente, come nell'esecuzione dell'esercizio chiamato "chiusura a cinque", in cui vengono eseguiti due stop e un "triangolo" di colpi", che possono essere abbinati ad altri stop e altro colpi fino ad arrivare ad un'azione ricca di tecniche diverse tra loro, ma concatenate e micidiali per l'avversario.

Uno degli esercizi preferiti dagli allievi frequentano la Taramanni Kung Fu School,prevede che si debba colpire l'avversario (tra punging ball, triangoli e chiusure a cinque) anche 15 o 20 volte, prima di chiudere l'azione, con gomitate, ginocchiate o proiezioni varie.
Questo è molto utile, sia per chi pratica l'attacco, che per chi lo riceve, perché dovrà essere in grado di contrastare tutti i colpi ricevuti, senza il timore classico che avviene quando si viene attaccati ripetutamente; se si è studiato bene il programma delle parate, non è poi così difficile. La bravura dell'uno o dell'altro si vedrà nel momento in cui uno dei due spezzerà l'azione dell'altro e chiuderà il combattimento prima del previsto, ma di questo ne parleremo in seguito, quando spiegheremo i vari sistemi di contrattacco.

link: guarda gli esempi pratici su www.rtschool.it/kung_fu_filmati.htm

sabato, gennaio 07, 2006

I fondamentali: le parate

Le parate dai colpi sono un argomento molto complesso, soprattutto per chi pratica le arti marziali. Questo perché esse si dividono in tante varianti in base al tipo di combattimento che si intende praticare. Nel pugilato, per esempio, le parate sono quasi inesistenti ù; in quel contesto, visto l'utilizzo dei guantoni che già da sé proteggono, sarebbe difficile applicare delle parate tecniche, è per questo che i pugili si affidano soprattutto alle schivate come forma di protezione.

Tornando alle arti marziali ed in particolare alle arti marziali tradizionali come il Kung Fu, dove nel combattimento libero non vengono usati i guanti protettivi, tranne che nelle competizioni sportive a punti, le mani nude hanno un ruolo importantissimo.

La base di partenza nelle parate prevede che si debba conosce:

1. La parata che contrasta il colpo
2. La parata che ammortizza il colpo
3. La parata che anticipa il colpo

A loro volta queste sono divise in tante varianti tecniche e le parate diventano doppie, triple, con bloccaggi, torsioni, ecc.

1. La parata che contrasto il colpo si applica quando si vuole colpire duramente l'avversario durante la parata stessa, i punti di impatto sono in genere il pugno, il palmo, il taglio della mano, il collo del polso e il gomito. E' chiaro che in questo caso è preferibile avere le mani e le braccia molto forti ed allenate.

2. La parata che ammortizza il colpo, in genere viene eseguita con l'aiuto delle schivate e degli spostamenti del corpo, soprattutto contro un avversario più forte e veloce di noi.

3. la parata che anticipa il colpo, è una cosa un po' più complessa perché per anticipare il colpo, bisogna essere molto allenati e reattivi. Si anticipa l'avversario, bloccando il suo braccio e contemporaneamente praticando un contrattacco oppure si stoppa per un attimo il suo braccio avanzato e si colpisce un istante prima che lo faccia lui.

Le doppie parate
invece avvengono quando ci troviamo a fronteggiare un avversario forte tecnico e molto preciso nei colpi, in questo caso doppia parata non significa parare contemporaneamente con tutte e due le braccia, ma alternare di un attimo la prima parata (cioè il primo contatto con il colpo) e applicare la seconda parata in aggiunta alla prima che ci permetterà un controllo maggiore dell'attacco e un miglior contrattacco.

I principi tecnici delle parate sopra elencati, ovvero contrasto, ammortizzamento e anticipo possono essere applicati sia agli attacchi portati con le braccia, sia agli attacchi da calci ; per quest'ultimi sono da preferire gli ammortizzamenti del colpo (cioè parare schivando) e gli anticipi, che entrando nell'azione dell'avversario, ne bloccano il risultato (continua).

I fondamentali: schivate e spostamenti

Il programma TKS delle schivate e degli spostamenti è molto più complesso di quello che sembra; intanto spieghiamo la differenza tra i due termini:

per schivate si intendono tutti quei movimenti eseguiti con il busto (cioè dondolare a destra -sinistra come un pendolo, girandosi di profilo, abbassarsi in avanti o all'indietro, fare dei semicerchi con il busto), per non essere colpiti da pugni e da calci nelle zone alte del corpo.

per spostamenti invece si intendono quei movimenti in cui a muoversi è tutto il corpo ( spostamenti laterali con le gambe sinistra-destra, semicerchi con tutto il corpo, cambi di guardia e salti). Tutti movimenti utilizzati per non essere colpiti da calci portati dalla cintura in giù.

Chiarita la differenza tra i due termini, è importante capire che schivare dei colpi non è una cosa facile, perché spesso il nostro istinto ci fa commettere degli errori dovuti alla mancanza di preparazione, quindi dovremmo cercare di mettere l'istinto al servizio delle tecniche.
Uno degli errori più comuni per un principiante è quello di chiudere gli occhi su un attacco veloce al viso oppure smanacciare più del dovuto o addirittura buttarsi contro l'avversario per non vedere quello che succede. Questi sono gli errori più comuni, è per questo che gli esercizi sopra elencati andrebbero fatti all'inizio del programma tecnico, in moda da abituarsi da subito ad essere attaccati da un avversario.

Le schivate e gli spostamenti non sono eseguite solo in maniera singola, ma vanno supportate anche dalle parate, di cui andremo a parlare in seguito.
link: www.rtschool.it

giovedì, gennaio 05, 2006

I fondamentali: pugni base.

Il primo approccio tecnico che un allievo ha con le arti marziali dovrebbe essere sempre con i pugni base. Per pugni base, s'intende l'impostazione che si deve dare al braccio, partendo dalla spalla, gomito, polso, pugno, dita: quest'ultime devono essere serrate strette, non lasciate morbide, in modo da colpire con il pugno chiuso e compatto senza il rischio di farsi male alle articolazioni. La spalla dev'essere rilassata e con il busto dritto ed i gomiti devono restare vicino al busto, in modo da avanzare in linea retta, senza curvature che squilibrerebbero il pugno stesso.

Una volta compreso il principio tecnico del pugno base orizzontale, cioè con le dita rivolte verso il basso si prosegue insegnando i diversi tipi di pugno: verticale e girato con un diverso tipo di impatto,verticale con il gomito serrato al busto, per la corta distanza, girato per i montanti corti, sia frontali che laterali oppure il pugno laterale, tirato con il dorso della mano, molto veloce e potente.

Terminologia adottata nel programma Tecnico della Taramanni Kung Fu School:

Nel programma tecnico denominato punging ball i colpi sono quattro: (sinistro- destro) pugno verticale e pugno laterale mirando al centro e al lato del viso.

Nel programma tecnico denominato triangolo i colpi sono tre: pugno laterale, verticale,laterale. I punti di impatto sono: il lato del viso, il plesso solare e l'altro lato del viso, appunto come i lati di un triangolo da qui il nome.

Nella corretta impostazione dei pugni bisogna inoltre controllare il movimento che si fa con i fianchi e con i piedi, questo perché dopo aver appreso perfettamente l'uso dei pugni in posizione frontale, si passerà all'esecuzione degli stessi, nelle diverse guardie da combattimento. In questo caso i pugni, spostando i piedi, i fianchi e le spalle contemporaneamente, potranno colpire l'avversario passando sopra la sua guardia colpendo il volto dall'alto verso il basso, alzando il gomito ad angolo retto oppure passando sotto la sua guardia, piegandosi sulle gambe, sempre con il gomito ad angolo retto, si colpisce il plesso solare o le costole laterali (tutti colpi portati con il pugno in posizione orizzontale).

Quando invece si vuole colpire l'avversario lateralmente i pugni sono in posizione verticale o rovesciati (montanti), spostando il fianco di lato nella stessa direzione del pugno. Anche questi sono da considerare pugni base e vanno eseguiti sia in guardia sinistra che destra, questo perché nelle arti marziali ci si abitua ad eseguire tutte le tecniche con tutto il corpo, in modo da avere la stessa efficacia nelle diverse posizioni di guardia.

link: guarda i kungfu video degli allenamenti TKS - www-rtschool.it

Terminologia nelle arti marziali: l'importante è farsi capire.

Accadeva spesso, durante stages e corsi d'aggiornamento tenuti da maestri cinesi di diversi stili che ognuno adottasse termini tecnici diversi. Lo stesso accadeva con i maestri americani e di altre nazionalità...quindi alla lunga mi è venuto più naturale adottare direttamente una terminologia italiana (utilizzando elementi numerici e forme geometriche facili da assimilare), che fosse allo stesso tempo pratica ed efficace. Non è forse questo l'importante?

I termini che io uso durante la lezione tecnica sono una semplificazione che mi permette di far capire subito quali sono i colpi da portare. Il "triangolo" è una tecnica di 3 colpi bilaterali. La "chiusura a 5" invece prevede 3 colpi e due parate e così via... .
Per quanto riguarda i termini orientali, inizialmente anche io adottavo quella terminologia, solo che a differenza dei termini giapponesi che sono uguali in tutti gli stili, i termini cinesi cambiano in base al gruppo di appartenenza dello stile o del maestro.

mercoledì, gennaio 04, 2006

Scomporre e Ricomporre: ogni lezione non è mai uguale alla precedente

Io adotto il sistema delle costruzioni Lego, tanti cubetti tutti più o meno uguali, che puoi montare e smontare a piacimento per costruire tante cose diverse. Il corpo umano è fatto di due braccia e due gambe, e come i mattoncini Lego si presta a qualsiasi esercizio, basta allenarlo! A me piace insegnare tecniche apparentemente semplici con variazioni e variazioni delle variazioni e così via...questo fa si che ogni lezione sembri diversa, in realtà nella mia testa è tutto più o meno stabilito. Ho solo la capacità di scomporlo e ricomporlo al momento giusto e questo in tutti i corsi. E' per questo che alla fine tutti gli allievi sonoin grado di eseguire il programma così come l'ho concepito.

Il mio insegnamento è stato invece impostato più sul metodo duro. Non si eseguivano tante tecniche, si praticava più la ricerca al condizionamento fisico, per colpire e per assorbire, inoltre si faceva tanto combattimento. Ma quando ero ragazzo, le risse da strada erano all'ordine del giorno, quindi per noi combattere in palestra o nei tornei era comunque un divertimento. Adesso non sarebbe più possibile insegnare in quel modo, la maggior parte dei ragazzi non vuole farsi male e quindi l'insegnamento è più mirato, incentrato sulla precisione dei colpi e sullo studio e la conoscenza delle strategie. Adesso, gli studenti fanno domande chiedono chiarimenti, vogliono sapere il perché ed il come di tutto, ai miei tempi il Maestro era più autoritario, una figura quasi intoccabile,anche se con me è sempre stato disponibile. Un' eccezione, dovuta credo dal fatto che percepisse già allora il mio grande amore per l'arte marziale e per il combattimento in particolare.

martedì, gennaio 03, 2006

L'allenamento tecnico della TKS: sentire l'azione il più possibile.

L' allenamento tecnico che adotto, porta ad attaccare l'avversario anche con 10 o 12 colpi nella stessa azione. Ai i miei allievi chiedo di esercitarsi su attacchi che partono da 25, poi 28 fino ad arrivare a 40 colpi nella stessa azione, e anche di essere in grado di pararli questi 40 colpi. Magari non si riuscirà mai a realizzare un simile attacco ma considero questo un valido metodo per sentire l'azione il più possibile:

Se sei in grado di attaccare , bloccare, intercettare, colpire con pugni, tagli gomiti, ginocchia, se riesci a fare tutto questo come attaccante ma anche a non fartelo fare come difensore, avrai allenato i riflessi e la percezione ottica in maniera eccezionale e sarai in grado di stoppare l'azione quando vuoi, basta essere più veloce del tuo avversario ( ricorda è solo un allenamento, tutto qui).

Un programma tecnico multidisciplinare
Il Kung Fu tradizionale è caratterizzato a grandi linee dallo studio approfondito dei tao-lu ( le forme), che rispecchiano lo stile dominante della scuola. Quello che insegno non è uno stile puro, ma un programma tecnico multidisciplinare. Questo non vuole dire che io rinneghi gli insegnamenti ricevuti, è solo che mi viene più naturale esprimermi nelle tecniche da combattimento a carattere generale".

guarda i filmati sulle tecniche di allenamento della TKS: www.rtschool.it

Il Kung Fu "Chuan Shu Long" e la Taramanni Kung Fu School: origine e sviluppo.

Il kung fu che insegno nelle varie sedi della Taramanni Kung Fu School è il "Chuan Shu Long" (L'Arte dei Pugni del Drago), un sistema di combattimento che partendo da basi molto semplici dirette a far apprendere correttamente l'uso dei pugni, dei calci e delle proiezioni, arriva ad incrementare progressivamente le tecniche con colpi di gomito, ginocchio, leve articolari e prese di lotta, fino ad arrivare a colpire l'avversario anche dieci o dodici volte in una stessa azione.

Ho scelto termine "Chuan Shu"(l'arte dei pugni), perchè ben rappresenta l'essenza e la tradizione cinese di questo sistema di combattimento, il cui fine ultimo è la difesa personale e che quindi cerca di fornire al praticante tutti gli strumenti necessari affinché questa risulti pronta, rapida ed efficace.

L'apprendimento e la pratica delle arti marziali nelle sedi della TKS non è strutturato sullo studio dei Taolu (le forme), come avviene appunto nelle scuole tradizionali, ma sullo studio costante e progressivo di tutte le tecniche che risultano efficaci in un combattimento e nella difesa personale, senza però mai perdere di vista il senso estetico che ha da sempre differenziato un'arte marziale da una rissa da strada. Infatti, il termine stesso di kung fu, in cinese è simboleggiato da tre ideogrammi che stanno ad indicare: la bravura di un gesto atletico, il risultato di un duro lavoro e l'esecuzione perfetta di un esercizio difficile.

Sebbene, la TKS-Taramanni Kung Fu School, non sia una scuola di Tang Lang (nonostante abbia praticato questo stile per circa venti anni e ne sia stato istruttore), il programma di studio delle arti marziali prevede anche un parte dedicata altradizionale, con l'insegnamento di due forme di Tang Lang (un base ed una complessa divisa in tre parti), oltre all'uso del bastone di Shaolin e della spada Jang. Anche se l'allenamento si basa principalmente sulle tecniche di combattimento citate in precedenza, le basi d' intercettazione del Tang Lang rimangono sempre.

Quello che desideravo realizzare creando la TKS, era una moderna scuola di Kung Fu, dove non venisse insegnato uno stile in senso stretto ( elemento che invece caratterizza e distingue tra di loro, le varie scuole tradizionali di arti marziali), ma una scuola di kung fu ed arti marziali multidisciplinare, dove l' allievo potesse apprendere e maturare secondo le doti e le capacità individuali.Aikido, Muay Thay, Capoeira Brasiliana, Shoot Boxing e soprattutto il Jeet Kune Do ed il programma della Inosanto Academy (che prevede lo studio di diversi sistemi di combattimento, come il JKD di Bruce Lee, il Kali Filippino ed il Silat Indonesiano), hanno contribuito all'elaborazione di una programma d'insegnamento multidisciplinare diretto a far apprendere un sistema di combattimento rapido forte e preciso.

lunedì, gennaio 02, 2006

I miei inizi (parte seconda)

Era il 1978 ed io ero ormai un giovane ventenne, con tanto sport alle spalle, ma con una voglia di imparare straordinaria. Il Karate mi aveva abituato alla disciplina e la Boxe a non aver paura del contatto con l'avversario, inoltre ero allenatissimo nella corsa, avevo un gran fiato. (questo mi ha permesso in seguito di partecipare per ben tre volte alla mitica Maratona di New York, ero diventato un diesel). Tuttavia l'allenamento che ho ricevuto in quegli anni di Kung Fu, è diverso da quello che insegno oggi, probabilmente perché è cambiato il contesto e le motivazioni degli allievi sono diverse da quelle dei miei tempi.

Noi ragazzi di allora eravamo, credo, più spregiudicati, forse un po' più disposti al sacrificio fisico, adesso salvo le rare eccezioni degli atleti agonisti, gli studenti dei corsi sono più, diciamo timorosi, non accettano volentieri l'idea di farsi male, portare un livido od una contusione è poco accettato nel pensiero di adesso, mentre ai miei inizi sembrava quasi una regola che comunque (a me perlomeno) , non creava troppi problemi, forse perché ho avuto la fortuna e l'onore di avere un Maestro di Kung Fu considerato fortissimo e con delle mani d'acciaio, che si sentivano tutte. Il suo nome era Edoardo Zappalà.

Quando lo conobbi, ebbi subito l'impressione che quello che mi aspettava avrebbe cambiato la mia vita; sprizzava potenza e vitalità, che fino ad allora avevo visto solo nei film di arti marziali, forse ciò è dovuto anche un po' al suo aspetto fisico, era ed è la fotocopia di Sandokan, l'eroe salgariano, con la differenza che le sue non erano storie inventate, ma vera forza della natura. Il suo stile dominante era il Tang Lang, (Mantide Religiosa), stile di Kung Fu imitativo, basato sulla strategia di attacco del famoso insetto, che tende a intrappolare le prede con gli artigli anteriori, per poi divorarle; è quindi un sistema in cui le braccia, ma soprattutto le dita, i polsi e i palmi devono essere durissimi.
Quindi il suo era un programma di tipo tradizionale, ma non nel senso di eseguire lo studio delle forme tramandate da maestro a maestro, ma piuttosto un programma di sviluppo personale delle tecniche da combattimento, ed un condizionamento fisico degli arti, per realizzarle in maniera più devastante.
Lui era un esperto nelle tecniche di rottura e nel ki-cung, erano gli anni in cui queste dimostrazioni di forza erano una consuetudine nelle arti marziali, e devo dire che il suo modo di rappresentarle era stupefacente. Riusciva a rompere di tutto, tavole, mattoni, tegole, ecc., piegava tondini di ferro poggiandoli sulla gola, con una facilità apparente che quasi non riuscivamo a credere in quello che vedevamo, e non era questo il suo merito, anche nel combattimento libero bastava un suo colpo, talvolta una sua parata, per metterci fuori gioco.
E' chiaro che avere per Maestro un personaggio del genere, era una fonte di orgoglio e tutti noi suoi allievi, in qualche modo, cercavamo di ricalcare le sue gesta. Ecco allora che i nostri allenamenti aumentavano d'intensità, ci allenavamo a ricevere bastonate sulle braccia, sulle spalle, sulle gambe, ci riempivamo reciprocamente di pugni sugli addominali e poi allenavamo le nocche, i palmi, i polsi e il taglio delle mani, condizionandoli, colpendo ora il makiwara, ora un muro, ora un albero, sì perché il nostro allenamento, specie nella stagione calda, continuava anche nei parchi pubblici, allora molto più accessibili di adesso. Ognuno di noi investiva molto sul proprio corpo, tutto questo allenamento mi ha permesso di sviluppare un Kung Fu, soprattutto nel momento del combattimento, molto reattivo, basato sulla velocità, agilità e potenza. Ho seguito il mio Maestro per circa tredici anni, fino al 1990, durante i quali ho imparato tantissime cose e non solo marziali, ho sempre combattuto quando mi è stato chiesto e ho sempre rispettato (spero) i miei amici di allenamento, ora anche loro esperti maestri (Sandro Cossu, Roberto Carmellini, Guglielmo Nargisi, Fabio Freni, ecc...mi è difficile citarli tutti, ma questi sono speciali), ora ognuno di noi ha preso strade diverse nello sviluppare il Kung Fu, chi totalmente tradizionale, chi con un'impronta personale e chi come me, che avendo subito l'influenza di altri sistemi di combattimento, ha potuto sviluppare un programma tecnico che ben si addice al mio fisico e al mio modo di concepire un confronto fatto di tante tecniche concatenate tra loro ma diversificate, in grado di rispondere a qualsiasi attacco.
Non insegno nel modo in cui ho imparato, adesso sarebbe un po' fuori luogo dire ad un ragazzo esperto di computer di infilare le mani in un sacco pieno di sale o di colpire un muro fino a veder sanguinare le nocche come feci io, i miei allievi sono per la maggioranza studenti universitari, ma spesso anche medici, musicisti o avvocati. E' per questo che ho elaborato un programma che non prevede esclusivamente l'uso di colpi risolutivi, ma che trovi nella diversificazione dei colpi la giusta efficacia e determinazione nello sfruttare un attacco in un contrattacco, senza subire danni.
Io credo che per noi ragazzi di allora, era molto più facile estremizzare gli allenamenti, di certo non avevamo tutti i diversivi che ci sono ora, vedi Playstation, Internet, computer e cellulari vari. Per noi stare in palestra anche tutto il pomeriggio era un modo come un altro per non stare in giro per la strada, e comunque il mondo delle arti marziali era ancora tutto da scoprire, adesso con le miriadi di discipline che sono spuntate, la scelta di un'arte marziale è diventata un po' come una vacanza (oggi vado là e faccio un po' di questo, domano vado là e faccio un po' di quello)… ma questo è tutto un altro discorso.

I miei inizi ( prima parte)


Ricordo ancora i miei inizi, ero un bimbetto e il mondo marziale era pressoché sconosciuto nella mia città, Roma, ma credo in tutta l'Italia di allora, le uniche arti marziali conosciute erano: il Judo, il Karate e il JuJitsu (che quasi non si riusciva a pronunciare). Il Kung Fu era conosciuta da pochissimi, ed ebbe la sua esplosione solo dopo l'uscita dei film di Bruce Lee.
Ho iniziato a praticare il Karate, stile Wado Ryu del Maestro Toyama (io però ero allievo di un suo allievo). Devo precisare, però, che in quegli anni essere uno sportivo non era ancora considerato "in", parlo degli anni '70 e l'aerobica e il fitness sarebbero arrivate solo dieci anni più tardi e con loro tutto il marketing esploso nell'abbigliamento sportivo, persino il footing o lo jogging non erano molto praticati, al massimo la corsa era considerata una preparazione atletica per i pugili. E' proprio a questo che volevo arrivare, le palestre, in quegli anni erano solo per gli sport come appunto la boxe e alcune arti marziali, quindi la scelta era molto limitata, ma non per questo meno affascinante. L'odore di sudore era il primo impatto che si provava entrando nelle sale, e saltava subito agli occhi la struttura spartanità degli impianti di allora, con le sale pesi molto limitate, a meno di trovarsi in un impianto per la pesistica dove si formavano i vari "Macisti" ed "Ercoli" (così come li chiamavamo noi in quegli anni). I corsi però erano frequentatissimi e spesso iniziavano alle tre del pomeriggio e terminavano alle dieci di sera, c'erano i corsi per i bimbi, per i principianti e gli allievi avanzati. Il Maestro non seguiva tutti i corsi, ma era sempre coadiuvato dalle cinture nere (che adesso chiameremmo allenatori) o dagli allievi anziani.
Il mio gruppo, dopo il primo periodo di apprendistato con i più piccoli, era formato ormai da circa 20 o 30 allievi e ci allenavamo spesso dalle 18 alle 21, che erano considerate un po' le mitiche tre ore minime per un buon allenamento. Devo dire, però, che era molto diverso da quello che si fa ora (perlomeno in base alle mie esperienze), iniziavamo sempre con la ginnastica, guidata da un allievo anziano, ginnastica fatta di innumerevoli sessioni di addominali, piegamenti sulle braccia e slanci delle gambe a vuoto. Non voglio dire che adesso questi esercizi non si fanno più, però è tutto più mirato, più ricercato, la preparazione atletica segue un percorso fisiologico, quasi personalizzato, con esercizi mirati adatti al tipo di prestazione che si dovrà eseguire. Anche gli esercizi di stretching, hanno seguito un percorso evolutivo, voglio dire che non basta saper fare una spaccata per saper tirare bene i calci, ma bisogna avere una scioltezza ed una padronanza che solo un allenamento più mirato riesce a dare.
Ma torniamo a quei tempi: dopo la ginnastica, noi ragazzi dovevamo imparare bene le posizioni, i Kata e fare le "passeggiate", le mitiche passeggiate, che consistevano nell'eseguire delle tecniche in movimento, fatte di pugni, doppi pugni e calci, tutti perfettamente allineati, i comandi venivano dati esclusivamente in giapponese (ancora adesso si usa così), era bello vedersi tutti insieme, sembravamo dei soldatini pronti per una parata, sì perché in quegli anni gli iscritti erano veramente tanti, d'altronde le alternative di scelta delle discipline sportive erano molto limitate, chi voleva fare sport poteva scegliere solo sul gioco del pallone, la boxe, il ciclismo oppure le discipline orientali, allora così tanto misteriose e affascinanti. Misteriose perché prima che i film del genere facessero luce sui misteri dell'oriente, quando si sentiva parlare di Karate, si aveva solo l'idea di un super-uomo che, urlando a squarciagola, frantumava tavole e mattoni con il solo uso delle mani e dei piedi, bastava vedere qualcuno che atteggiava le mani in posizione di taglio, per crederlo un esperto marzialista. Solo in seguito avrei scoperto la complessità che si celava dietro a tutto ciò. Comunque, tornando ai miei allenamenti dei primi anni, ricordo con piacere i primi combattimenti liberi tra i miei compagni di allenamento, il Maestro ci allineava tutti seduti, ai bordi del tatami, poi scrutandoci uno per uno, sceglieva a turno le varie coppie che dovevano confrontarsi (quante botte!), per quanto si potesse stare attenti i colpi scappavano lo stesso, ma non c'era quasi mai cattiveria, solo inesperienza. Spesso il Maestro sceglieva uno di noi, quasi sempre un allievo anziano, per dimostrarci il combattimento in maniera più tecnica, ed era veramente un gran bello spettacolo assistervi.
Ogni tanto arrivava qualche ospite qualificato, cinture nere di altre palestre, oppure eravamo noi gli ospiti invitati (prima si usava così), ed era molto interessante confrontare le diverse esperienze, anche se devo dire con un certo clima di rivalità.
Uno degli aspetti più significativi di quegli anni, era l'enfatizzazione che veniva data alle cinture nere, esse incutevano sempre un certo timore e rispetto per quello che rappresentavano, per noi allievi. Solo molto anni più tardi ho capito che quello era solo un punto di partenza, per qualcosa di più complesso e profondo. Comunque tornando alle rispettive visite, che avvenivano nelle palestre di allora, ho avuto l'onore di assistere e partecipare alle lezioni del maestro giapponese Iwao Yoshioka, campione del mondo nel 1968 di kumité (combattimento libero), venne in Italia, sull'onda dei primi film di arti marziali, con uno spaghetti western, intitolato "Karate pugni e fagioli", in cui ne combinava di tutti i colori; il film era quasi comico, ma la sua tecnica era eccezionale.
Noi ragazzi n palestra cercavamo di imitarlo, ma quanta fatica soprattutto nei calci volanti, i mitici yogo-toby-gheri. A proposito, in quegli anni, ma anche in seguito, non c'era personaggio marziale che non si rappresentasse con quel tipo di calcio spettacolare, era un po' il biglietto da visita di ogni atleta praticante, oggi si rappresenterebbero con un intrappolamento, con in mano un kali od un coltello, vista l'evoluzione che hanno avuto le arti marziali; ma allora lo yogo-toby-gheri era il più rappresentativo, in quanto dimostrava la tecnica, la velocità, l'agilità e la precisione nel caso lo si eseguisse ad un'esibizione di tameshiwari (tecniche di rottura). Esso consisteva nel saltare e colpire il bersaglio con un calcio laterale in volo, con il piede in posizione di taglio e con esso si poteva colpire l'avversario oppure delle tavole di legno, o tegole, per dimostrare l'efficacia del colpo.
Devo dire che le rappresentazioni con tecniche di rottura, sono continuate per circa un ventennio a seguire, hanno perso un po' del loro fascino solo negli anni '90 , con l'avvento dei vari tornei senza regole a contatto pieno, prima esse servivano per dimostrare, da un lato l'efficacia della tecnica, dall'altra la caparbietà fisica e marziale di un'atleta, nonché l'autodeterminazione. Anch'io, mi sono cimentato in questo genere di condizionamento fisico, ma in un secondo tempo, quando ho cominciato a praticare il Kung Fu.
Comunque, di quei pochi anni in cui ho praticato il Karate, mi sono rimasti dei bellissimi ricordi, gli amici di allora sono stati sostituiti con altri amici, ma uno in particolare lo ricordo ancora, forse perché ogni tanto c'incontriamo, anche se su fronti diversi, lui ha continuato con il Karate, ora è un maestro qualificato, io mi sono specializzato nel Kung Fu (il suo nome è Remo Capra, ciao amico mio, se mai dovessi leggere queste righe sappi che ti ricordo e stimo ancora).
Dopo i miei primi anni passati nel Karate, ho avuto una parentesi (circa un paio d'anni) nella Boxe, mi piaceva molto, l'allenamento rigoroso, al sacco e poi inutile negarlo, mi piaceva combattere e il pugilato era un grande incentivo, visto che in quegli anni erano ancora vietate le competizioni a contatto, perlomeno in Italia, eravamo ancora negli anni 70-80 ed il Full Contact e la Kick Boxing ancora dovevano svilupparsi e poi spesso le scaramucce capitavano anche fuori dalle palestre (erano gli anni delle bande di quartiere) e quindi saper tirare bene di boxe era senz' altro un vantaggio. Tuttavia, fu quando ebbi la fortuna di iniziare la pratica del Kung Fu, che il mio futuro di artista marziale si sviluppò (...continua).

Introduzione: una passione talmente grande...

Quando decidi di dedicarti all'insegnamento, lo fai perché senti di avere una passione talmente grande per quello che fai da voler rendere partecipi quante più persone possibili, trasmettendo quello che hai appreso. E' una forma di altruismo, che deriva dalla passione personale. L'importante, affinché si riesca a trasmettere tutto ciò, è mettere a punto un metodo in grado di poter realizzare un programma che rispecchi prima di tutto quello che vorresti dalle arti marziali e che ti dia la possibilità di svilupparlo nel tempo. Questo blog è una raccolta di appunti, riflessioni personali e testi scritti nel corso di trent'anni di pratica ed insegnamento delle arti marziali, e che rappresentano il mio percorso individuale e la mia visione delle arti marziali, che mi hanno portato ad elaborare uno sistema di combattimento denominato "Chuan Shu Long" ( l'Arte dei Pugni del Drago), un metodo ed un programma d'insegnamento del kung fu in grado di trasmettere questo sistema di combattimento e che rispecchiasse il mio modo di vivere e praticare le arti marziali.

Ho deciso di pubblicare quest'insieme di scritti, su invito di numerosi allievi ed amici e colleghi che da tempo ormai mi suggerivano di trasformare quegli "appunti sparsi" in un libro. Come vedete cari amici, alla fine mi avete convinto. E visto che nella vita non si smette mai d'imparare, ogni giorno, ogni lezione con i miei allievi, ogni allenamento è per me occasione di riflessione e scoperta di qualcosa di nuovo e di qualcosa da migliorare. Il blog è lo strumento ideale per comunicare tutto ciò, un diario di viaggio che grazie alla collaborazione di alcuni miei istruttori ed allievi (molto più esperti di me su Internet & Co.) potrebbe un giorno chissa...diventare un libro.

Ogni Maestro insegnerà una propria verità, un proprio credo, un personale modo di intendere le arti marziali, discipline che più di altre sono influenzate dalla presona stessa che le pratica e sopratutto le insegna, perchè immancabilmente il carattere di chi le pratica o di chi le insegna, in qualche modo trasparirà.