martedì, maggio 30, 2006

Evoluzione delle Arti Marziali: Kick Boxing e Muay Thai

...qui da noi in Italia, questa nuova disciplina si svilupperà completamente sono negli anni ’80, dove vedrà brillare stelle del calibro di Giorgio Perreca, Andrea, Malori, Massimo Liberati ed il fortissimo Bruno Campiglia, tanto per citarne alcuni, tutti super atleti che hanno vinto tutto e di più.

Aldilà dell’oceano, negli USA, queste nuove discipline a contatto pieno si erano già ben sviluppate da una decina d’anni. Campionissimi del Tae Kwon Do e del Karate, decisi a creare una forma di combattimento senza il controllo dei colpi, rivoluzionarono tutte le regole adottando una serie di protezioni ideate dal coreano Jhoon Rhee, disputando le competizioni non più su di un tatami, ma sul ring e soprattutto creando il professionismo, con grossi risvolti economici.
I campionissimi di quegli anni rispondono ai nomi di: Joe Lewis, Jeff Smith, Bill Wallace (il mitico Super Foot), Chuck Norris, Benny Urquidez, Don “The Dragon” Wilson ed il promotore di tutto... il leggendario Mike Anderson, (si devono a lui i più importanti eventi di Full e Kick Boxing dell’epoca), ideatore anche della nascita delle forme musicali da competizione, che fino ad allora erano eseguite esclusivamente nel sistema tradizionale.

In Giappone però, la kick boxing si era già sviluppata negli anni ’60, ad opera degli atleti del Kyokushinkai (stile di Karate molto duro fondata dal Maestro Oyama e famoso per le spettacolari tecniche di rottura), uno stile che prevede da subito il contatto pieno. Nonostante questo, gli atleti giapponesi non riuscivano a competere con i combattenti thailandesi in quanto l’uso dei gomiti e delle ginocchiate di questi ultimi era un vero tormento per loro. Così, decisero di togliere queste due micidiali tecniche creando la nuova disciplina a cui diedero il nome di Kick Boxing, e che vide in Benny Urquidez il campione indiscusso.

In Thailandia la boxe thailandese che loro chiamano Muay Thai è da sempre lo sport nazionale, di origini antichissime, veniva praticata in tutto il Siam (l’antico nome delle Thailandia). Nel programma tradizionale, era previsto anche l’uso d’armi da taglio, lontano ricordo delle antiche battaglie in cui vide la morte anche il famoso navigatore Ferdinando Magellano, perito in una delle mille spiagge che circondano la Thailandia.

Da sempre considerata l’arte dei re, è da considerarsi a tutti gli effetti un’arte marziale al pari del Karate o del Kung Fu, ricca di tecniche e motivazioni spirituali. Il combattente Thai, ha dovuto nel corso dei secoli confrontarsi con ogni tipo di invasore, uscendone sempre a testa alta, non accettando nessun tipo di dominio (il nome “Thailandia” significa appunto “popolo libero”) e questo si deve principalmente alla pericolosità della sua arte da combattimento.
Aldilà dell’Oriente, la nazione che ha brillato maggiormente nei combattimenti Thai è stata l’Olanda, visti i tuoi trascorsi coloniali in quel paese ha da subito intuito la valenza della loro arte marziale, divenendone degli ottimi interpreti (sia di Thai che di Kick Boxing).

Erano famose negli anni ’80-90, le grandi rivalità tra le due organizzazioni professioniste olandesi, del Mejyro Gym e del Chakuriky, che hanno sfornato grandissimi campioni che rispondono al nome di Ramon Dekkers, Andre Mannart, il pluricampione Rob Kaman (quest’ultimo esordì come attore, nei film di Van Damme) e tanti altri ancora.

Qui da noi in Italia, la Thai Boxe è divulgata federalmente dal maestro Marco De Cesaris, uno dei primi italiani a studiare l’arte direttamente nel suo luogo d’origine e per questo riconosciuto degno rappresentante di quest’arte dallo stesso governo thailandese (anch’io nei miei viaggi studio, sono stato spesso in Thailandia durane gli anni novanta, ma di questo ne parlerò in un altro capitolo)...continua

Articoli precedenti:

venerdì, maggio 12, 2006

Evoluzione delle Arti Marziali. Gli anni'70

Cosa è cambiato, in questi ultimi quindici anni nelle arti marziali, rispetto a trent’anni fa?

Come ho già detto, gli anni ’70 sono stati anni pionieristici, le discipline marziali erano tutte di stampo tradizionale, anche i primi maestri orientali avevano un modo d’insegnare diverso rispetto ad ora e l'allenamento era di tipo imitativo, senza nessuna spiegazione. E’ chiaro che ciò era dovuto principalmente ad un fattore di lingua, ma mi risulta che anche in Oriente l’insegnamento fosse decisamente scarso di spiegazioni.

Le tecniche eseguite dal maestro dovevano essere ripetute in continuazione, fino ad una personale comprensione, sia che si trattasse di colpi di pugno o calci portati fino all’esasperazione come nel Karate, o che si eseguissero posizioni, slanci e movimenti imitativi degli animali come nel Kung-Fu cinese. L’unica arte marziale, che aveva subito una “sportivizzazione” era il Judo, diventando nel 1964 disciplina olimpica ed acquistando così visibilità in tutto il mondo.

Un cambiamento vero e proprio, avvenne quando anche gli occidentali iniziarono ad insegnare le arti marziali con un approccio più pragmatico e meno spirituale, ma comuque coscienzioso e produttivo, attraverso metodologie e spiegazioni tecniche che prima erano solo intuite.
Si sviluppò così una preparazione atletica mirata, uno schema di gradi e cinture, ma soprattutto la competizione sportiva che vide confrontarsi in quegli anni scuole di Karate appartenenti ai cinque stili dominanti (Shotokan, Wadoryu, Shitoryu, Gogjoryu, Shorin-ryu), che si differenziavano dal modo di interpretare il Karate nel combattimento. Posizioni basse, ma veloci contro posizioni alte e corte, ma potenti. Ogni fondatore dello stile aveva sviluppato e personalizzato il suo Karate, divulgandolo soprattutto attraverso l' esecuzione dei kata (le forme). Anche nell’ambito del Kung Fu, le competizioni vedevano confrontarsi gli stili più conosciuti, lo Shaolin-Chuan, il Tang Lang, l’ Hung-Gar, il Choy-Li Fat, il Pa-kwa e raramente anche il Wing-Chung, anche se i praticanti di questo sistema non apprezzavano molto gareggiare, visto che lo stile era sviluppato per un programma più adatto alla difesa personale che ad una competizione sportiva a punti.

Erano gli anni in cui il controllo del colpi era essenziale. La velocità, il tempismo, la tecnica, la precisione erano indispensabili ed era necessario mantenere la distanza, anche se qualche volta il contatto avveniva e ferire od essere feriti faceva parte del gioco, solo che se questo succedeva si era immediatamente squalificati, vista la mancanza di protezioni sia alle mani che ai piedi. Personalmente non ho mai apprezzato molto il controllo dei colpi, ma certamente sul piano stilistico era davvero un bel vedere, solo che spesso la direzione arbitrale, commetteva delle grosse ingiustizie, assegnando colpi valido dove non c’erano o viceversa e se questo succedeva ad una competizione di carattere amichevole ci si poteva anche passare sopra, ma se si trattava di un campionato importante allora il fatto diventava grave, come nell’episodio che vide protagonista il pluri-campione francese Dominique Valera durante un campionato del mondo svoltosi a Long Beach negli anni ’70, quando fu vittima di una “rapina arbitrale”, ed aggredì un giudice. Domenique venne espulso dalla federazione ed abbandonò il Karate, per diventare un professionista del Full-Contact, disciplina finalizzata al K.O.. Di ritorno in Europa, lanciò il Karate Full-Contact (creando una base dilettantistica in grado di far concorrenza al Karate)...continua



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