lunedì, ottobre 23, 2006

La difesa personale. Arti marziali e corsi di self-defence (parte 2)

Ci sono individui nella società dediti alla violenza come unica forma d’espressione, magari reduci da un passato di povertà, o di mortalità giornaliera nel proprio paese d’origine, senza nessun bene proprio o ricordo da salvaguardare, che scoprono negli atti di violenza l’unico riscatto di una magra vita.

Come possiamo difendere la nostra incolumità da chi non ha niente da difendere e quindi da perdere?
Il nostro primo pensiero quando si viene aggrediti va subito ai nostri cari, il loro pensiero ci rende ponderati o eroici, salvaguardando la nostra incolumità o gettandola alle ortiche nel caso in cui il pericolo sia proprio nei loro riguardi. Come possiamo insegnare noi, tecnici del movimento, la difesa personale coscienti di tutto ciò?

Qual' è il metodo migliore per sconfiggere un’aggressione? Imparare poche tecniche, ma mirate per un’autodifesa immediata? Studiare anni sulle capacità fisiche che l’allenamento tecnico ci può regalare? Diventare dei professionisti del ring ed abituati al combattimento totale? Studiare le leve articolari e le loro applicazioni? Studiare la lotta da strada? Imparare ad usare le armi? Imparare a conoscere i propri mezzi fisici? Studiare la psicologia della paura? Assoldare una guardia del corpo?

Tranne quest’ultima affermazione, credo che tutti queste cose siano utili, ed ogni insegnante (e quindi ogni disciplina), sa come svilupparle . La materia di competenza è talmente vasta che ogni sistema ha una sua verità, sia che si voglia insegnare ad un ragazzo o ad una ragazza, solo che per quest’ultima il discorso è molto più complicato.

E’ chiaro che non posso dire che basterebbe imparare a fare i fabbri che lavorano il ferro, o gli idraulici che non fanno altro che avvitare tubi o picconare tutto il giorno, o tagliare alberi dalla mattina alla sera per migliorare i nostri mezzi fisici...il mio discorso di prima era solo una provocazione (ma con un fondo di verità), tuttavia almeno per le ragazze il programma dev’essere particolareggiato e un po’ diverso da quello dei ragazzi.

In genere, i miei corsi di difesa personale per donne iniziano sempre con una serie di domande personali, alle quali ogni ragazza risponde ed annota in un questionario, in modo da poter fare un lavoro di gruppo, ma anche personalizzato.

Le mia domande in questione sono:
  1. Attività fisiche praticate?
  2. Quali sono le paure più frequenti?
  3. Quali parti del corpo credi di avere più deboli e quali più forti?
  4. Sei mai stata aggredita fisicamente? Se si, quali sono state le tue reazioni?
  5. Avresti più paura ad essere aggredita frontalmente o alle spalle?
  6. Esci più spesso la sera, da sola o in compagnia?
  7. Da bambina, eri più maschiaccio o femminuccia?
  8. Elenca quali parti del corpo debbano essere colpite per provocare dolore?
  9. Fai abuso di alcolici o di farmaci?
  10. Cosa ti aspetti da un corso di difesa personale?
Ora prendiamo in esame ognuna di queste domande. Normalmente ai corsi di difesa personale non vengono signore di una certa età, molto più “impegnate” in altre situazioni e quindi in genere la richiesta viene più da ragazze o giovani donne magari già dedite ad altri sport. Quindi cerco di valutare il loro grado di fisicità, il loro peso corporeo, la loro ossatura, la loro esuberanza e determinazione, che magari la pratica di altri sport ha evidenziato, ma anche se non sono delle sportive, tutte queste caratteristiche vengono analizzate lo stesso, per cercare di sfruttarle al meglio ognuna per le proprie possibilità. E' chiaro che una ragazza piccola e magrolina avrà più difficoltà di una sua coetanea, robusta o corpulenta e le risposte fisiche saranno diverse come diverso sarà il programma tecnico. Con la pratica quotidiana, i diversi soggetti possono migliorare agilità e velocità per un fisico magro, potenza e precisione per un fisico robusto...continua

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venerdì, ottobre 13, 2006

Arti marziali e difesa personale. Premessa

Passiamo ora ad un argomento particolarmente delicato, la difesa personale. L’autodifesa è una componente naturale dell’essere umano, ogni manuale che parli di arti marziali o di semplice lotta sia settoriale che specifica ha nel suo programma l’essenza nella difesa personale.

Ci sono manuali generici, che spiegano cosa fare o non fare durante un’aggressione, ci sono discipline marziali che enfatizzano l’assoluta completezza del loro sistema, pubblicizzandosi con frasi del tipo “noi alleniamo solo tecniche efficaci”, oppure “se conosci i punti vitali sarai un uomo invincibile”,... . Ognuna di queste affermazioni ha in sé una propria verità ed è giusto rispettare il lavoro divulgativo di tutti, purché sia coscienzioso e serio, analizzando tutti i vari aspetti che ogni situazione crea.

La difesa personale è un fatto reattivo, emozionale, emotivo ed anche abitudinale, ma questo non vuol dire che un atleta che segue uno studio tradizionale, con discipline senza competizioni, sia meno reattivo di chi pratica il Free Fight.

Un pugile, un karateka, un judoca, un ginnasta, un ballerino, potrebbero avere la stessa reazione. Un pugno, una testata, una ginocchiata, sono comunque reazioni naturali e quando si ha un fisico allenato è più facile reagire anche a freddo, perché spesso basta poco per creare una reazione istintiva se si è comunque degli sportivi abituati al movimento e si ha confidenza con il proprio corpo. Quello che voglio dire è che chi pratica una disciplina basata sullo studio delle forme e si esibisce solo in competizioni figurative o chi ha studiato per anni materie tecniche in cui è previsto il controllo dei colpi, o chi è dedito allo studio meditativo del corpo, non credo che nel momento dei bisogno non sappia colpire agli occhi, ai genitali, alla gola, alle articolazioni, ecc... come se questi gesti fosser prerogativa solo ed esclusivamente di discipline “no limits”.

Si potrebbero studiare per anni discipline coreografiche poco efficaci per un confronto reale ed avere lo stesso una reazione risolutoria in un caso di difesa personale, tutto dipende dal grado di rabbia, emotività, determinazione, paura, incoscienza o sicurezza, che ognuno di noi ha in quel momento e spesso è questione d’attimi. Non è un combattimento, è solo una reazione.

E’ chiaro che un allenamento mirato, continuativo su tecniche di difesa personale e frequentare un corso di difesa personale aiuti molto, ma non esiste una disciplina che può risolvere tutto ed anche chi non ha mai fatto sport può risultare letale se è ben motivato e determinato.

Ci sono mestieri come il fabbro, il muratore, il contadino, lo spaccalegna, l’idraulico, l’elettricista, tanto per citarne alcuni , che consentono a chi li pratica di non aver spesso bisogno di conoscere tecniche marziali ( provate a stringere loro una mano e sentirete che cosa è la potenza): giorno dopo giorno, c’ è chi usa un piccone, chi un martello, una chiave inglese, un paio di pinze, cacciaviti, asce. Un allenamento continuativo, fatto di trazioni, sollevamenti, torsioni, che rende le loro braccia e spalle duri come l’acciaio. Proviamo ad andare ad aggredire uno di questi simpatici personaggi, non credo che il risultato sia scontato pur con tutte le nostre conoscenze tecniche.
Ho assistito personalmente alla reazione violenta di alcuni, che senza starci troppo a pensare hanno reagito in maniera rapida ed efficace ad una provocazione. Non è quindi l’arte marziale praticata che rende invincibili, né la padronanza di una tecnica, ma la determinazione e "l’incoscienza" con cui essa viene eseguita in un determinato momento. Ovviamente, torno a ripetere, l’allenamento continuato può aiutarci nella scelta del momento e soprattutto nel difenderci, ma non potrà mai renderci immuni da un’aggressione, soprattutto se è improvvisa.

Ricordo che quando ero un adolescente ed avevo anch’io la mia “baby-gang”, come si dice adesso, c’ era nel nostro gruppo un ragazzo che quando stava per nascere uno screzio con altri ragazzi si prestava cordialmente nel ruolo di paciere, ma appena si rilassavano e facevano per andarsene lui li colpiva improvvisamente con pugni e testate, risultando sempre vincente e mi diceva: “Vedi Renato, chi picchia per primo, picchia sempre due volte, ma non devi farglielo capire”.
Io, nonostante la mia determinazione, non ho fatto mai mio questo motto, orgoglioso com’ero, preferivo sempre il confronto diretto, ma indubbiamente quella strategia dava i suoi frutti e più di una volta, anche in tempi recenti, mi sono trovato in situazioni simili ed il risultato è sempre lo stesso, l’aggressore spregiudicato, determinato ed incosciente spesso ha la meglio anche nei confronti di un atleta abituato al combattimento.

La differenza sta proprio in questo. Il teppista da strada è abituato ad usare la propria aggressività perché ne conosce il potere, che consiste nel suscitare il timore soprattutto in soggetti “diciamo” pacifici e tranquilli, assumendo atteggiamenti da duro con sguardi truci o taglienti.

E' un po’ come un guerriero che si dipinge la faccia per andare incontro al nemico, sperando di spaventarlo. Difficilmente troveremo un teppista infastidire un suo simile e magari grande e grosso più di lui, è meglio infastidire chi siamo sicuri di poter dominare, non importa come, l’importante è farlo. E’ questa la differenza che lo rende pericoloso, perché potrebbe agire in maniera spregiudicata e senza nessuna strategia e coglierci di sorpresa...continua

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I bambini e le arti marziali. L'arte di insegnare il kungfu ai bambini





Passiamo ora ad un argomento molto difficile e delicato, ma che da grandi soddisfazioni e cioè insegnare arti marziali ai bambini.

La mia formazione di insegnante si è realizzata con l' esperienza, come normalmente avviene per queste discipline, nel senso che non ho fatto nessuna scuola di pedagogia infantile, ma comunque l’amore per i bimbi è stato un grosso incentivo. Già quando ero una giovane cintura nera, m’era capitato d’avere la responsabilità di una classe di giovanissimi studenti, ma comunque sapevo d’aver la supervisione del mio Maestro che controllava che tutto andasse bene (un po’ come faccio adesso io con i miei istruttori), tuttavia era comunque una grossa responsabilità ed anche un grande piacere, soprattutto nel constatare poi che alcuni di loro sono diventati grandi atleti e persino responsabili di enti federali sportivi.

Le difficoltà maggiori, che ho incontrato nell’insegnare ai bambini, sono da attribuire più che altro alla mia predisposizione tecnica, nel senso che io sono uno che vorrebbe insegnare mille tecniche, vorrei che le lezioni non finissero mai, appena appresa una tecnica se ne impara subito un’altra, questo mio modo di concatenare le tecniche è il mio vanto ed il mio dolore e con i più piccoli non va bene. Con loro bisogna fare tutto al rallentatore, anche se sembrano svegli e ben disposti, sia fisicamente che mentalmente, bisogna comunque rallentare il passo.

Non è molto tempo che insegno anche ai bambini, sono all’incirca dieci anni e mi ricordo che i primi tempi chiedevo consiglio ai miei amici istruttori di Judo sul da farsi, loro erano senz’altro più esperti di me nell’avere una rosa di pulcini, ma con il tempo sono riuscito ad elaborare un programma ginnico e tecnico che soddisfa sia la loro voglio di giocare e d’imparare, sia la mia didattica tecnica mirata al combattimento.

E’ divertente constatare come i bimbi siano da un lato tutti uguali e dall’altro tutti diversi ed ognuno con una propria personalità, anche un bimbo di quatto o cinque anni ti può stupire. I momenti più esilaranti avvengono quando con quella loro candida ingenuità, mi fanno richieste del tipo: "Maestro quando facciamo i calci infuocati ?", oppure, "Maestro quand’ è che cominciamo a volare?", Maestro quando possiamo diventare trottole umane", "Quando ci insegna i pugni d’acciaio?". Insomma tutti quei virtuosismi creati dai cartoni animati oppure elaborati alla PlayStation. E poi, tocca a me ridimensionare il tutto, cercando di fargli capire che quello che facciamo e che faremo è più realistico, ma più divertente (spero).

Come dicevo, i bambini sembrano tutti uguali, ma non lo sono, anche fisicamente c’ è il cicciotello, il magrolino, quello più alto per la sua età e quello più basso, c’ è il timido, il vivace, il parlantino, il sapientone, l’emotivo, il distratto, il pestifero, l’angioletto, ecc. Creare una lezione che accomuni tutti, è veramente un’impresa ed io con i miei programmi ginnici che imitano il movimento degli animali o di determinati oggetti riesco a mettere tutti d’accordo. Ci sono esercizi da eseguire in coppia e questo crea un confronto stimolante per i giovani atleti, ci sono poi dei percorsi alternativi creati per l’occasione che creano complicità e cameratismo, confronti tecnici con gli allievi più grandi che stimolano emulazione e voglia di far meglio ed infine ci sono esercizi inventati da loro stessi, che li rendono importanti e responsabili.


Ma non è tutto rose e fiori, spesso si fanno dei dispetti e qualcuno piange se non riesce a fare qualche esercizio, o qualche tecnica, ci si sente mortificati oppure giudicati, ci si rende conto di essere meno sciolti di un altro, o più sensibili al dolore, ma poi tutto passa, basta un abbraccio, un sorriso, un compiacimento da parte dei propri genitori, per far sentire il giovane pulcino uno scattante galletto. Ed è per questo che io chiedo sempre ai genitori d’essere rassicuranti verso i propri figli, non “mielosi”, ma presenti, senza lasciare a me il ruolo d’educatore. Io sono solo un semplice insegnante tecnico, che può insegnare tanto, ma non tutto. Ed anche se insegnargli i programmi tecnici è faticoso vederli tutti insieme con le loro performance nelle esibizioni, eseguire perfettamente quell’esercizio ripetuto tante volte, è sempre una forte emozione sia per me che per loro, che magari non credevano assolutamente di riuscire a tanto e talvolta, tra i molti bravi escono dei veri talenti, come la nostra Valeria Fedele, che ha iniziato con me che aveva quattro anni, ora ne ha dieci ed è uno spettacolo sia nelle forme che nel combattimento ed insieme ad un altro coetaneo, Giuliano De Antonis sta formando un duo di futuri campionissimi, che capitanati dal veterano (si fa per dire, visto che è poco più grande di loro), Daniele Mosca, rappresentano il futuro della TKS - Taramanni Kung Fu School.

Speriamo che abbiano il piacere di continuare, come l’ho sempre avuto io, certo è difficile pensare di poter passare una vita nelle arti marziali, visti gli stimoli esterni che oggi giorno ci sono. Per me è stato tutto più naturale, io ero un ragazzaccio di strada, capriole, lividi e contusioni erano più frequenti, oggi i bimbi sono più controllati e coccolati,. Mi accordo che spesso non hanno mai fatto una capriola sul lettone di mamma o i miei giochi infantili, tipo il salto della cavallina, la sedia del Papa, o andare a cavacecio, tanto per citarne qualcuno. E' per questo che ho inserito tutti questi “giochi esercizi” nel mio programma ginnico, per stimolare sia il loro fisico che la loro fantasia e creatività, lasciando che il computer e la PlayStation per un momento rimangano solo un soprammobile di casa.


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