mercoledì, febbraio 22, 2006

Arti marziali: l'avvento dei tornei senza regole.


..cosa è cambiato allora nel mondo delle arti marziali, dall'avvento dei tornei senza regole?
Probabilmente molte certezze e molte metodologie hanno dovuto ridimensionarsi già trent'anni fa quando il compianto Bruce Lee rivoluzionò il concetto di combattimento libero introducendo concetti e metodi allora rivoluzionari. Intrappolamenti, incastri, colpi poco ortodossi, allenamenti a contatto pieno con protezioni, erano per l'epoca decisamente innovativi e solo la sua grande capacità fisica ed interpretativa riuscì a mettere tutti d'accordo. Il suo "sistema non sistema", ha fatto nascere metodologie e concetti tecnici che molto dissociano dal tradizionale movimento figurativo dell'arte marziale nel senso più puro del termine, per un approccio più immediato e risolutore che vede nella difesa personale il suo fine più alto. Tutta questa voglia di realismo, non ha chiaramente cancellato tutti quegli stili tradizionali, il cui fine è quello di praticare l'arte marziale per tutta la vita, ha solamente diviso i due concetti di base: sportivo o da ring/ tradizionale e di studio. I praticanti sportivi alleneranno la velocità, il colpo d'occhio, le migliori tecniche per fare punti, i professionisti del ring alleneranno la resistenza fisica, la strategia tattica e le migliori tecniche risolutive; i tradizionalisti cercheranno nella memoria tecnica del passato di vivere un presente di studio e conoscenza, nel rispetto della millenaria arte marziale a cui appartengono.

Il mio pensiero è che le arti marziali erano state create per confrontarsi contro più avversari, qualunque fosse il loro sistema di lotta; essere bravi nel corpo a corpo può andare bene contro un avversario solo, se fossero di più sarebbe già un problema. Saper tirare bene solo i pugni potrebbe essere limitato in caso di infortunio ad una delle braccia ma anche tirare solo i calci è inefficace se abbiamo un ostacolo davanti o se siamo stretti in un angolo. L' ideale sarebbe di avere tutte e tre le qualità, la destrezza del pugilato, la coordinazione di un' arte marziale e l' abilità nella lotta corpo a corpo. Ma per essere veramente bravi, queste discipline devono essere allenate singolarmente e magari anche le competizioni dovrebbero essere disputate su tre livelli di combattimento, tre fasi in cui si deve schermare mantenendo la distanza, lottare corpo a corpo e boxare o viceversa. A mio avviso questo nuovo sistema di competizioni produrrebbe talenti in grado di esprimersi al meglio, nelle diverse specialità ma solo se queste sono obbligatoriamente divise tra loro, si eviterà di assistere come capita adesso nelle competizioni attuali di Free Fight ad una sorta di rissa senza nessun senso estetico, che invece da sempre ha contraddistinto le arti marziali. Inoltre, per esprimersi al meglio nelle singole discipline esse dovranno essere studiate a fondo, quindi chi è bravo a tirare solo pugni dovrà per forza imparare a tirare calci e a lottare, viceversa chi è bravo solo nella lotta dovrà imparare a boxare, calciare e tenere la distanza per diventare un atleta completo in grado di confrontarsi contro uno o più avversari qualunque sia il metodo di lotta. Un atleta magari molto allenato ma pur sempre solo un atleta e non un uomo invincibile con un' arte marziale invincibile e con una tecnica o con un colpo invincibile. Le non si dovrebbero praticare per essere invincibili, essere molto allenati può dare sicurezza, essere forti, precisi, determinati può essere un vantaggio in una gara, in un confronto che anche se molto cruento e senza regole è pur sempre un confronto tra due persone che sanno quello che stanno facendo e quando devono fermarsi, non come in un' aggressione reale in cui tutto è imprevedibile ed anche l' atleta più preparato non saprà mai cosa potrebbe succedere davvero. Tutte le tecniche provate e riprovate in palestra o in gara, potrebbero risultare meno decisive di quello che speravano o viceversa potrebbero risultare "troppo" decisive e ferire gravemente o addirittura uccidere il malcapitato aggressore che magari "anche se a torto" voleva solo il nostro portafogli. Ma potremmo anche rimanere pietrificati o imbambolati, magari solo per un attimo, o potremmo rimanere delusi nel constatare che il nostro micidiale pugno o il nostro potente calcio non hanno l' effetto desiderato, magari perché il nostro aggressore ha bevuto molto o è drogato o ha preso degli eccitanti che abbassano di molto la soglia del dolore e anche se colpiti molto forte sul viso subendo lo stesso i danni fisici derivati dai colpi, potrebbero non cadere e rendere il tutto molto più drammatico.Saremmo veramente capaci di infilargli
le dita negli occhi, come si dice spesso? O di artigliargli i genitali col famoso artiglio dell' aquila, o farli penetrare le ossa del naso nel cervello col micidiale colpo di palmo, o rompergli l' osso del collo, come si vede tante volte nei film? Io non credo che saremmo capaci di tanto (per fortuna), salvo rari casi in cui la nostra vita o quella dei nostri cari sia veramente in pericolo, ma al giorno
d' oggi la nostra vita non è veramente in pericolo come nel passato...(continua)

Articoli precedenti:

5a parte
Discipline da combattimento e da ring: dal full contact al vale tudo
4a parte
Storia delle arti marziali: il kalaripayat
3a parte
Storia delle arti marziali: Taekwondo, Vietvodao, Silat, Kali
2a parte
Storia delle arti marziali: Ju Jitsu, Judo, Aikido e Kendo
1a parte
Storia delle arti marziali. Il kung fu (prima parte)

1 commento:

Giacomo ha detto...

molto bello questo post, sono daccordo con quallo che dici. io pratico il karate da qualche anno e non so realmente come mi comporterei in certe occasioni. l'unica cosa che ho notato, è che nonostante sia un'arte marziale molto statica rispetto al kung fu o al JKD di Bruce Lee, comunque ho sviluppato molto, rispetto a prima, i riflessi e la forza esplosiva...sperando che quasto basti in situazioni di pericolo.
complimenti per il blog!