La divulgazione maggiore del Kung Fu avvenne quando la Cina subì l' invasione da parte della Manciuria che distrusse quasi tutti i templi; i pochi monaci rimasti vivi si rifugiarono nelle zone circostanti dove insegnarono segretamente il Kung Fu a pochi discepoli che diventarono a loro volta grandi campioni, dimostrando la loro abilità in tornei di paese, ingigantendo sempre di più la fama dei monaci Shaolin e contribuendo così alla divulgazione del Kung Fu anche aldilà dei confini territoriali. La bravura di alcuni maestri in determinate tecniche faceva nascere nuovi stili e nuovi metodi tutti derivati dal concetto di >self-defense che è alla base di tutte le arti marziali, un concetto che unito alla spiritualità filosofica orientale denota la netta differenza tra arti marziali tradizionali dai cosiddetti sport da combattimento. Forse è stato proprio il termine "sport" a creare una certa differenza di interpretazione nelle arti marziali.
Fuori dalla Cina, le scuole di Kung Fu e i Dojo giapponesi hanno lasciato il posto alla palestra o al massino alle accademie dove le arti orientali vengono praticate con fini agonistici. Gli allenamenti sono diversi, le mani e i piedi non sono più induriti come nel passato perché si usano i guanti protettivi e non si pensa quasi più a colpire i famosi 108 punti vulnerabili del corpo umano perché sarebbe impossibile farlo senza una adeguata preparazione delle mani e dell' anatomia in generale. I campioni del passato, quelli che hanno creato e divulgato i sistemi di ogni arte marziale, non si allenavano per sport ma per un vero bisogno di salvaguardia ed il loro colpi dovevano essere eseguiti senza sbavature, perché ogni errore era pagato a caro prezzo. Questo non vuol dire che da allora non c' è stato più bisogno di difendersi ma l' invenzione delle armi da fuoco e la sua diffusione generale ha fatto si che la bravura tecnica servisse a poco contro un' arma puntata contro; tuttavia l' arte marziale ha continuato la sua diffusione fino ai giorni nostri evolvendosi piano piano come forma educativa per i giovani che con l' allenamento costante e con la bravura tecnica riuscivano ad emergere anche come uomini. Il timore di combattere per la vita non c' era più e le nuove regole nei combattimenti limitavamo moltissimo il contatto; bisognava tenere la distanza e sfruttare la velocità e le migliori tecniche. Tuttalpiù venivano esibite delle tecniche di rottura di tavole o mattoni per dimostrare la propria abilità e forza nei colpi decisivi. Questo sistema di gara ed esibizioni era la prerogativa principale del Karate che insieme al Judo era l' arte marziale più diffusa al di fuori dell' Oriente ed è proprio in virtù di questa sua diffusione nel mondo occidentale che crebbe l' interesse per le arti marziali.
Il Judo, divenuto disciplina olimpica, è ormai a tutti gli effetti uno sport ed anche se meritevole di grossi elogi per il lavoro educativo svolto da migliaia di giovani e giovanissimi praticanti non è più tuttavia da considerare un'arte marziale tradizionale. Anche il Karate come il Tae Kwon Do vorrebbe entrare nel circuito olimpico ma quando questo avverrà, anche se il prestigio e la notorietà saranno elevatissime, probabilmente si perderanno molte di quelle tecniche tradizionali che hanno permesso a queste due arti di arrivare quasi intatte ai nostri giorni, a favore di altre tecniche di facile sviluppo tecnico elaborate esclusivamente per la gara...(continua).
4a parte
Storia delle arti marziali: il kalaripayat
3a parte
Storia delle arti marziali: Taekwondo, Vietvodao, Silat, Kali
2a parte
Storia delle arti marziali: Ju Jitsu, Judo, Aikido e Kendo
1a parte
Storia delle arti marziali. Il kung fu (prima parte)
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