venerdì, ottobre 13, 2006

Arti marziali e difesa personale. Premessa

Passiamo ora ad un argomento particolarmente delicato, la difesa personale. L’autodifesa è una componente naturale dell’essere umano, ogni manuale che parli di arti marziali o di semplice lotta sia settoriale che specifica ha nel suo programma l’essenza nella difesa personale.

Ci sono manuali generici, che spiegano cosa fare o non fare durante un’aggressione, ci sono discipline marziali che enfatizzano l’assoluta completezza del loro sistema, pubblicizzandosi con frasi del tipo “noi alleniamo solo tecniche efficaci”, oppure “se conosci i punti vitali sarai un uomo invincibile”,... . Ognuna di queste affermazioni ha in sé una propria verità ed è giusto rispettare il lavoro divulgativo di tutti, purché sia coscienzioso e serio, analizzando tutti i vari aspetti che ogni situazione crea.

La difesa personale è un fatto reattivo, emozionale, emotivo ed anche abitudinale, ma questo non vuol dire che un atleta che segue uno studio tradizionale, con discipline senza competizioni, sia meno reattivo di chi pratica il Free Fight.

Un pugile, un karateka, un judoca, un ginnasta, un ballerino, potrebbero avere la stessa reazione. Un pugno, una testata, una ginocchiata, sono comunque reazioni naturali e quando si ha un fisico allenato è più facile reagire anche a freddo, perché spesso basta poco per creare una reazione istintiva se si è comunque degli sportivi abituati al movimento e si ha confidenza con il proprio corpo. Quello che voglio dire è che chi pratica una disciplina basata sullo studio delle forme e si esibisce solo in competizioni figurative o chi ha studiato per anni materie tecniche in cui è previsto il controllo dei colpi, o chi è dedito allo studio meditativo del corpo, non credo che nel momento dei bisogno non sappia colpire agli occhi, ai genitali, alla gola, alle articolazioni, ecc... come se questi gesti fosser prerogativa solo ed esclusivamente di discipline “no limits”.

Si potrebbero studiare per anni discipline coreografiche poco efficaci per un confronto reale ed avere lo stesso una reazione risolutoria in un caso di difesa personale, tutto dipende dal grado di rabbia, emotività, determinazione, paura, incoscienza o sicurezza, che ognuno di noi ha in quel momento e spesso è questione d’attimi. Non è un combattimento, è solo una reazione.

E’ chiaro che un allenamento mirato, continuativo su tecniche di difesa personale e frequentare un corso di difesa personale aiuti molto, ma non esiste una disciplina che può risolvere tutto ed anche chi non ha mai fatto sport può risultare letale se è ben motivato e determinato.

Ci sono mestieri come il fabbro, il muratore, il contadino, lo spaccalegna, l’idraulico, l’elettricista, tanto per citarne alcuni , che consentono a chi li pratica di non aver spesso bisogno di conoscere tecniche marziali ( provate a stringere loro una mano e sentirete che cosa è la potenza): giorno dopo giorno, c’ è chi usa un piccone, chi un martello, una chiave inglese, un paio di pinze, cacciaviti, asce. Un allenamento continuativo, fatto di trazioni, sollevamenti, torsioni, che rende le loro braccia e spalle duri come l’acciaio. Proviamo ad andare ad aggredire uno di questi simpatici personaggi, non credo che il risultato sia scontato pur con tutte le nostre conoscenze tecniche.
Ho assistito personalmente alla reazione violenta di alcuni, che senza starci troppo a pensare hanno reagito in maniera rapida ed efficace ad una provocazione. Non è quindi l’arte marziale praticata che rende invincibili, né la padronanza di una tecnica, ma la determinazione e "l’incoscienza" con cui essa viene eseguita in un determinato momento. Ovviamente, torno a ripetere, l’allenamento continuato può aiutarci nella scelta del momento e soprattutto nel difenderci, ma non potrà mai renderci immuni da un’aggressione, soprattutto se è improvvisa.

Ricordo che quando ero un adolescente ed avevo anch’io la mia “baby-gang”, come si dice adesso, c’ era nel nostro gruppo un ragazzo che quando stava per nascere uno screzio con altri ragazzi si prestava cordialmente nel ruolo di paciere, ma appena si rilassavano e facevano per andarsene lui li colpiva improvvisamente con pugni e testate, risultando sempre vincente e mi diceva: “Vedi Renato, chi picchia per primo, picchia sempre due volte, ma non devi farglielo capire”.
Io, nonostante la mia determinazione, non ho fatto mai mio questo motto, orgoglioso com’ero, preferivo sempre il confronto diretto, ma indubbiamente quella strategia dava i suoi frutti e più di una volta, anche in tempi recenti, mi sono trovato in situazioni simili ed il risultato è sempre lo stesso, l’aggressore spregiudicato, determinato ed incosciente spesso ha la meglio anche nei confronti di un atleta abituato al combattimento.

La differenza sta proprio in questo. Il teppista da strada è abituato ad usare la propria aggressività perché ne conosce il potere, che consiste nel suscitare il timore soprattutto in soggetti “diciamo” pacifici e tranquilli, assumendo atteggiamenti da duro con sguardi truci o taglienti.

E' un po’ come un guerriero che si dipinge la faccia per andare incontro al nemico, sperando di spaventarlo. Difficilmente troveremo un teppista infastidire un suo simile e magari grande e grosso più di lui, è meglio infastidire chi siamo sicuri di poter dominare, non importa come, l’importante è farlo. E’ questa la differenza che lo rende pericoloso, perché potrebbe agire in maniera spregiudicata e senza nessuna strategia e coglierci di sorpresa...continua

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