Eccomi qui di nuovo a rispondere alle tante domande che ricevo quotidianamente sul web. Curiosità, critiche, suggerimenti o chiarimenti sul mondo della arti marziali, di carattere generale e non solo sul mio programma tecnico. Questo mi lusinga perché sta a dimostrare che vengo ritenuto un esperto del settore, e d'altronde crescendo nelle arti marziali un po di esperienza la si acquisisce no? Infatti so mangiare benissimo con le bacchette..
A parte gli scherzi, anche questa volta risponderò ai vari quesiti realizzando una pseudo intervista tra me ed un interlocutore immaginario, in modo da rendere fluido ed esaustivo tutto il discorso.
Domanda: Maestro Taramanni, come mai i corsi di Arti Marziali non hanno più le grandi affluenze di venti o trenta anni fa?
Risposta: Be! Potrei rispondere semplicemente perché sono aumentati vertiginosamente i centri sportivi e le palestra, quindi le utenze si sono distribuite. Non sono diminuiti gli appassionati ma sono solo aumentati i corsi.
D: Non trova che ormai si sia persa quella fidelizzazione nella proprio disciplina per accedere ad un supermercato delle arti marziali in cui si pratica un po di questo e un po di quello, senza arrivare ad una vera competenza di settore?
R: In effetti si (questa è una delle domande più ricorrenti).
La fidelizzazione ormai non è più verso la disciplina, ma casomai verso il proprio Maestro, solo che spesso ad insegnare sono giovani atleti, magari talentuosi, ma con poca esperienza divulgativa e formativa, che solo con l'esperienza di riesce ad acquisire.
D: e la di esperienza come si è sviluppata? Come erano strutturati i corsi di arti marziali 40 o 50 anni fa?
R: Cercherò di essere il più sintetico ed esaustivo possibile.
Negli anni 60 e 70 quando ho iniziato io, le arti marziali più conosciute qui da noi in Italia erano il judo, il karate e qualche scuola tradizionale di kung fu. In quegli anni a farla da padrone era la "Noble Art" il pugilato, che con i grandi campioni di allora dominava la scena internazionale. Mentre per i non addetti ai lavori il judo era una sorta di lotta in "pigiama", il karate era conosciuto come "quelli che urlando a squarciagola" rompevano le tavolette di legno e mattini a mani e piedi nudi, ed il kung fu era considerato una sorta di danza e coreografie varie. Insomma, niente di questo rispecchiava la realtà, fatta di sudore ed intensi allenamenti. Solo il fenomeno Bruce Lee ed i film che ne seguirono cambiarono le carte in tavola.
D: Quindi lei danzava, lottava o rompeva tavolette?
R: Io suonavo, sono tutt'ora un musicista, come molti miei allievi. Ok, tornando seri, negli anni 60 le discipline orientali erano chiaramente poco conosciute; solo dopo Bruce Lee iniziarono a riempirsi i corsi, e visto che le strutture erano scarse, le sale di allenamento risultavano stracolme di gente. Non solo il kung fu ne trasse beneficio ma anche le altre discipline. Il judo divenne poi disciplina olimpica ed anche il karate esplose in maniera impressionante, importando maestri direttamente dal Giappone.
D: Ma con tanti allievi a disposizione come si organizzavano gli allenamenti?
R: Beh, qui il discorso è settoriale, è chiaro che essendo discipline tradizionali l'uso dei Kata o Taolù, forme preordinate di un combattimento immaginario, erano una costante continua. D'altronde a parte l'aspetto puramente tecnico e ginnico era l'unico modo per coordinare tanti atleti tutti insieme. Poi c'era il problema della lingua, per i maestri giapponesi o cinesi, era difficile farsi comprendere, era più facile farsi imitare. Siamo stati noi occidentali a cambiare metodologia e a realizzare dei programmi tecnici più mirati, ma ci è voluto del tempo.
D: Ma il Jujitsu tanto famoso ai giorni nostri, come mai non viene menzionato nel suo discorso? In fondo è da li che deriverebbe il judo o no?
R: Esatto, il Jujitsu era l'utilizzo tecnico di lotta che eseguivano i damurai quando si trovavano a combattere senza la spada (katana), e le tecniche erano mirate solo alla neutralizzazione dell'avversario anche in senso letale. Solo in seguito il famoso Maestro Jigoro Kano pensò che fosse meglio togliere tutte quelle tecniche pericolose e letali, per trasformarlo in uno sport alla portata di tutti, così come lo conosciamo oggi. Ecco perché al tempo era più famoso il judo rispetto al suo stile "madre".
D: Il jujitsu come l'aikido erano discipline di nicchia, ma ormai il jujitsu ha una notorietà planetaria, specialmente il jujitsu brasiliano. Come mai tanto clamore?
R: Io non sono un vero esperto di JuJitsu pur avendolo praticato, ma posso dirti che il sistema tradizionale, quello giapponese per intenderci, ha un'etichetta e un senso estetico molto rigorosi, ed è eseguito quasi esclusivamente in piedi. Ho partecipato personalmente a dei seminari diretti da Maestri di nono e decimo Dan, quindi so quello che dico. Mentre il sistema brasiliano, pur iniziando in tal modo, con il tempo si è specializzato nella lotta a terra, dando origine al Brasilian JuJitsu.
D: Quindi, rigore giapponese, fantasia cinese, modernità brasiliana, come si conciliano e qual è meglio?
R: Hai dimenticato misticismo indiano, durezza russa, orgoglio africano, virtuosismo del sud-est asiatico, tatticismo americano, tradizione europeo e tante altre. Chi può dire chi o cosa è meglio? Tutto è meritevole di rispetto, basta amare la propria disciplina e provare sempre a migliorarsi.
D: Ma i sistemi tradizionali non sono ormai sorpassati a favore di discipline come la Kick Boxing, la Muay Thai, lo street fighting, il krav maga o l'mma? Ormai tutti vorrebbero imparare tutto, ed è solo con queste discipline che si può realizzare la vera difesa personale, o no?
R: Non credo che chi pratichi queste discipline lo faccia solo ed esclusivamente per la difesa personale, altrimenti dopo qualche mese, al massimo un anno, avrebbe imparato l'indispensabile richiesto in caso di aggressione, e lì finirebbe la storia. Credo piuttosto che la globalizzazione ed il web ci abbiano portati a quella curiosità che prima non era realizzabile. La voglia di provare è più forte della fidelizzazione ad una sola disciplina. C'è talmente tanta scelta che è facile rimanere affascinati: pensate che vengono pubblicizzate come arti marziali persino discipline aerobiche come l'aerobox, prepugilistica light, kick light ecc, in cui gli iscritti, maschi e femmine, si allenano su ritmi musicali tirando pugni, calci, ginocchiate, gomitate su sacchi leggeri, ma senza nessun contatto fisico e chiaramente senza competizione. E' ovviamente un allenamento aerobico di gruppo, senza correzioni e tatticismi, quindi privo del valore realistico della disciplina originale; tuttavia è curioso e anche divertente vedere come viene impiegato enormemente l'utilizzo di guantoni, cavigliere, paradenti ecc, per trasformare tutti in guerrieri...ma senza la guerra.
D: Quindi lei è contrario alle discipline light? Bisogna ricordare che non a tutti piace il contatto fisico ed avere lividi su braccia e gambe, ne tantomeno sul viso: è per questo che questi "stili" sono così graditi anche dalle ragazze. Io sono un praticante di prepugilistica e mi diverto tantissimo.
R: Io non sono contrario a queste discipline light: mi piacevano le lezioni classiche di aerobica con coreografia a volte interminabili ma molto gratificanti, sia sul piano fisico che mentale, ma le mode sono cicliche e il mercato del fitness ha bisogno sempre di nuove idee. Il problema è che non si possono spacciare per arti marziali queste discipline light solo perchè si tira qualche calcio o qualche pugno, e ci si veste come un guarriero thai.
D: Maestro, le mi sembra decisamente contrario all'utilizzo di protezioni varie. In effetti, guardando i suoi video su Youtube, le sue tecniche sono sempre eseguite a mani nude. Come mai?
R: L'utilizzo delle protezioni è obbligatorio durante le competizioni, quindi anche noi dobbiamo usarle. Tuttavia sono contrario all'uso continuo che se ne fa, soprattutto durante gli allenamenti: si è sicuramente più protetti ma i risultati sono falsati, sia come attaccanti che come difensori, si possono realizzare solo poche tecniche e la sicurezza protettiva dei guantoni risulterebbe inefficace senza gli stessi. Inoltre non si possono realizzare prese, intrappolamenti, chiavi articolari e tutte quelle diversificazioni tecniche di colpi che solo le mani nude possono realizzare. Inoltre l'irrobustimento degli arti, la perfetta chiusura dei pugni e l'impatto devastante che essi possono produrre, non potrebbe realizzarsi indossando sempre fasce e guantoni. Infine, se si è troppo protetti si acquista una sicurezza falsata che in una situazione realistica ci farebbe risultare inadeguati, perché privi di quella durezza mai realizzata min palestra.
D: Quindi Maestro sta dicendo che discipline da combattimento come la Kick Boxing, il Full Contact o il pugilato, solo per citarne qualcuna, non sarebbero adeguate in una situazione più realistica di self defense, visto il loro uso quotidiano di protezioni?
R: Le discipline da te menzionate sono state concepite per le competizioni da ring con regole, arbitraggi e tempi regolamentati, e ogni praticante, amatore o professionista, sa che se vuole avere un bagaglio tecnico completo deve affidarsi anche ad altre discipline che danno possibilità diverse ed un diverso uso delle tecniche.
D: Ma le MMA non sono state concepite proprio per questo?
R: All'inizio si, ma poi con il tempo si sono trasformate in discipline da ring, con regole ed impedimenti. Comunque l'idea è eccellente e a me piacciono.
D: quindi, secondo lei che è un esperto, quel'è l'arte marziale migliore?
R: E' semplice rispondere. L'arte marziale migliore è quella che ti rende sicuro, felice e in pace con te stesso.
Alla prossima
domenica, novembre 11, 2012
lunedì, ottobre 29, 2012
Realizzazione Seminari e Stage di Kung Fu
Anche quest'anno il Maestro Renato Taramanni della Taramanni Kung Fu School
è disponibile alla realizzazione di seminari di approfondimento sul sistema da lui ideato, dando la possibilità a tutti coloro che a causa della distanza non possono prendere parte ai corsi , e a tutti gli appassionati che lo seguono sul web, di averlo direttamente nelle proprie sedi, sia in Italia che all'estero.
I seminari, della durata variante di uno o due giorni, verteranno quasi esclusivamente sulla corta distanza e sulle innumerevoli viarianti in essa contenute. Specialità che hanno reso il Maestro Taramanni uno dei più apprezzati interpreti del settore. La partecipazione minima per organizzare un seminario dovrà essere di almeno venti partecipanti, esclusi gli istruttori che in questa occasione saranno graditi ospiti nel caso in cui avessero a loro seguito un gruppo di minimo 5 persone.
Per informazioni approfondite e prenotazioni, contattare il numero 347 4538900 o inviare una mail a r.taramanni@gmail.com
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martedì, ottobre 09, 2012
Intervista al Meastro Renato Taramanni - Kung Fu Chuan Shu Long
Salve a tutti,
Eccomi di nuovo qui, sul mio blog, a rispondere alle tante domande che in
questi mesi estivi sono arrivate alla mia casella mail, o telefonicamente.
Domande, a volte provocatorie, elogi ma anche critiche o dinieghi, ma tutte in ogni caso degne di
risposta.
Proverò a sintetizzare il tutto cercando di accorpare il più possibile le
domande comuni, essendo veramente tante e spesso a causa della mancanza di
tempo rimaste senza una risposta esaustiva, elaborando una pseudo intervista.
Iniziamo con la prima domanda
D:
Da quanto tempo pratica le arti marziali?
R: Ok, considerando che nel momento in cui sto scrivendo, ovvero
settembre 2012, ho 55 anni, direi che pratico da circa 50 anni. Essendo negato
per il calcio ma molto dotato per l’esercizio fisico, credo che le arti
marziali siano state una benedizione, almeno per me.
D:
Abbiamo letto più volte che lei Maestro si è cimentato in diverse arti
marziali, quali tra queste le è più congeniale?
R: Se volessi semplificare dovrei dire tutte, ma in realtà il Kung Fu,
inteso come “Abilità acquisite nel tempo”. Si direi che è il kung fu l’arte che
mi rispecchia di più.
D:
Quindi sta dicendo che nonostante abbia praticato il karate, il pugilato,
l’aikido, la capoeira, la thaiboxe e tante altre discipline che cita nel suo
curriculum, nessuna di queste l’ha mai soddisfatta?
R: Al contrario, da tutte ho tratto beneficio, mi spiego:
Ai miei esordi la pratica del Karate era un evento eccezionale ed enfatizzato
che ti dava una sicurezza ed un rigore spaventosi, ma per avere dei risultati,
si doveva aspettare parecchi anni, mentre io in quel periodo ero spesso
coinvolto in risse di strada, e quindi non sempre riuscivo a mettere in pratica
quello che facevo in palestra. Per questo inizia a praticare il pugilato,
perché era più facile da apprendere, c’era subito il contatto realistico, cosa
che nel karate di allora era vietato. Mi ero reso conto che il contatto fisico
immediato era una cosa che mi piaceva molto.
Quando mi avvicinai al kung fu, sull’onda dei film di Bruce Lee come
tutti all’epoca, ero già un atleta scelto e smaliziato, ed entrai subito nel
circuito agonistico.
D: Leggiamo dal suo Curriculum che
lei ha praticato il kung fu della mantide religiosa per parecchi anni, sotto la
guida di un fortissimo maestro della capitale, famoso anche per le sue
spettacolari tecniche di rottura. Perché nel momento in cui ne è diventato
istruttore non ha proseguito per questa strada, insegnando appunto il Tang Lang?
R: L’ho
fatto, ho insegnato per qualche anno il Tang Lang, supervisionato ovviamente
dal mio Maestro di allora, ma per alcuni dissapori che vennero a crearsi in
quel periodo (ormai risolti) mi fu vietata la divulgazione di quello stile.
Inoltre,
francamente, senza la supervisione di un maestro super qualificato, non me la
sentii di insegnare un sistema tradizionale come il Tang Lang. Io l’avevo
praticato solo quindi anni, troppo pochi per esserne Maestro.
D: Fu allora che decise di
“inventarsi” un nuovo stile di Kung Fu? Il Chuan Shu Long?
R: (ecco
una delle domande provocatorie) Io non ho mai detto di aver inventato niente,
semmai ho codificato un programma tecnico, dandogli un nome cinese per amore
del Kung Fu.
D: Quindi lei ha preso un po’ di
questo, un po’ di quello e ne ha fatto un grande minestrone?
R: Beh, a
me piace il minestrone, è buono…scherzi a parte, quando decisi di non insegnare
più il Tang Lang ero comunque un atleta allenatissimo, con quasi trent’anni di
pratica alle spalle, e non era mia intenzione imparare un nuovo stile di Kung
Fu, ne tanto meno “tradire” il mio primo maestro di Tang Lang. Ho preferito
iniziare un percorso formativo, che arricchisse quello che già conoscevo.
D: E’ per questo che decise di
praticare le altre discipline che niente avevano a che fare con il Kung Fu?
R: Gli anni
novanta sono stati anni prodigiosi per chi voleva viaggiare o solo partecipare
a stage e seminari che ormai venivano eseguiti in tutto il mondo. Prima era
impensabile l’idea di una multidisciplinarietà, i corsi erano tutti settoriali
e c’era molta diffidenza per altri sistemi. Quelli furono gli anni del
cambiamento, lottatori, schermisti, discipline acrobatiche, boxers, tutti ormai
erano incuriositi dai grandi personaggi che imperversavano nei seminari, ognuno
insegnando la propria disciplina. Anche io ne rimasi affascinato, affiancato a
tanti istruttori di diversi sistemi, pronti a cogliere ogni spunto pur di
migliorare la propria disciplina. Ormai tutti volevano imparare ad usare il
bastone del Kali filippino, i coltelli, lottare come i brasiliani, usare le
tibie come i boxers tailandesi, insomma, tutti volevano imparare tutto. E’ così
che nacquero i tornei senza regole e la MMA, arti marziali miste, ormai tanto
in voga.
D: Ma lei non insegna MMA ma il Kung
Fu, che è anche filosofia, rigore, estetica e come dice il “Maestro Shifu” pace
interiore, come mai?
R: Bella
questa domanda, e la risposta riporta tutto ad un semplice concetto: il Kung Fu
è considerato, credo, da tutti come la madre di tutte le arti marziali, qindi
niente gli è precluso. Siamo noi insegnanti che magari gli poniamo dei limiti.
Io ho imparato tanto e voglio insegnare tanto, e quando imparerò di più,
insegnerò di più. Imparare è per sempre, insegnare è fino a che si può. Penso
sia proprio questa la mia “pace interiore”. Chissà.
Vi
ringrazio per tutte le domande che continuate a farmi. Questo primo esperimento
di intervista termina qui, in seguito pubblicherò un’altra parte con altre
domande.
A presto
Renato
Taramanni
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Ubicazione:
Roma, Italia
venerdì, agosto 31, 2012
Apertura nuovi corsi Kung Fu Roma 2012
Dopo molto tempo torno sul mio blog personale per annunciarvi la riapertura dei corsi di Kung Fu a Roma per l'anno 2012.
Colgo l'occasione per informarvi dell'apertura di un nuovo corso nella palestra di Via dei Colombi 117, zona Casilina, e la riconferma di tutti i corsi precedentemente attivi, difesa personale, corso istruttori e stage formativi.
Tante novità ci saranno quest'anno, tra corsi multidisciplinari, gare, tornei e viaggi con la federazione.
Per maggiori informazioni visitate il sito www.rtschool.it
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