domenica, novembre 11, 2012

Intervista al Meastro Renato Taramanni - Kung Fu Chuan Shu Long - Parte 2

Eccomi qui di nuovo a rispondere alle tante domande che ricevo quotidianamente sul web. Curiosità, critiche, suggerimenti o chiarimenti sul mondo della arti marziali, di carattere generale e non solo sul mio programma tecnico. Questo mi lusinga perché sta a dimostrare che vengo ritenuto un esperto del settore, e d'altronde crescendo nelle arti marziali un po di esperienza la si acquisisce no? Infatti so mangiare benissimo con le bacchette..
A parte gli scherzi, anche questa volta risponderò ai vari quesiti realizzando una pseudo intervista tra me ed un interlocutore immaginario, in modo da rendere fluido ed esaustivo tutto il discorso.

Domanda: Maestro Taramanni, come mai i corsi di Arti Marziali non hanno più le grandi affluenze di venti o trenta anni fa?
Risposta: Be! Potrei rispondere semplicemente perché sono aumentati vertiginosamente i centri sportivi e le palestra, quindi le utenze si sono distribuite. Non sono diminuiti gli appassionati ma sono solo aumentati i corsi.


D: Non trova che ormai si sia persa quella fidelizzazione nella proprio disciplina per accedere ad un supermercato delle arti marziali in cui si pratica un po di questo e un po di quello, senza arrivare ad una vera competenza di settore?

R: In effetti si (questa è una delle domande più ricorrenti).
La fidelizzazione ormai non è più verso la disciplina, ma casomai verso il proprio Maestro, solo che spesso ad insegnare sono giovani atleti, magari talentuosi, ma con poca esperienza divulgativa e formativa, che solo con l'esperienza di riesce ad acquisire.


D: e la di esperienza come si è sviluppata? Come erano strutturati i corsi di arti marziali 40 o 50 anni fa?
R: Cercherò di essere il più sintetico ed esaustivo possibile.
Negli anni 60 e 70 quando ho iniziato io, le arti marziali più conosciute qui da noi in Italia erano il judo, il karate e qualche scuola tradizionale di kung fu. In quegli anni a farla da padrone era la "Noble Art" il pugilato, che con i grandi campioni di allora dominava la scena internazionale. Mentre per i non addetti ai lavori il judo era una sorta di lotta in "pigiama", il karate era conosciuto come "quelli che urlando a squarciagola" rompevano le tavolette di legno e mattini a mani e piedi nudi, ed il kung fu era considerato una sorta di danza e coreografie varie. Insomma, niente di questo rispecchiava la realtà, fatta di sudore ed intensi allenamenti. Solo il fenomeno Bruce Lee ed i film che ne seguirono cambiarono le carte in tavola.


D: Quindi lei danzava, lottava o rompeva tavolette?
R: Io suonavo, sono tutt'ora un musicista, come molti miei allievi. Ok, tornando seri, negli anni 60 le discipline orientali erano chiaramente poco conosciute; solo dopo Bruce Lee iniziarono a riempirsi i corsi, e visto che le strutture erano scarse, le sale di allenamento risultavano stracolme di gente. Non solo il kung fu ne trasse beneficio ma anche le altre discipline. Il judo divenne poi disciplina olimpica ed anche il karate esplose in maniera impressionante, importando maestri direttamente dal Giappone.
 

D: Ma con tanti allievi a disposizione come si organizzavano gli allenamenti?
R: Beh, qui il discorso è settoriale, è chiaro che essendo discipline tradizionali l'uso dei Kata o Taolù, forme preordinate di un combattimento immaginario, erano una costante continua. D'altronde a parte l'aspetto puramente tecnico e ginnico era l'unico modo per coordinare tanti atleti tutti insieme. Poi c'era il problema della lingua, per i maestri giapponesi o cinesi, era difficile farsi comprendere, era più facile farsi imitare. Siamo stati noi occidentali a cambiare metodologia e a realizzare dei programmi tecnici più mirati, ma ci è voluto del tempo.
 

D: Ma il Jujitsu tanto famoso ai giorni nostri, come mai non viene menzionato nel suo discorso? In fondo è da li che deriverebbe il judo o no?
R: Esatto, il Jujitsu era l'utilizzo tecnico di lotta che eseguivano i damurai quando si trovavano a combattere senza la spada (katana), e le tecniche erano mirate solo alla neutralizzazione dell'avversario anche in senso letale. Solo in seguito il famoso Maestro Jigoro Kano pensò che fosse meglio togliere tutte quelle tecniche pericolose e letali, per trasformarlo in uno sport alla portata di tutti, così come lo conosciamo oggi. Ecco perché al tempo era più famoso il judo rispetto al suo stile "madre".
 

D: Il jujitsu come l'aikido erano discipline di nicchia, ma ormai il jujitsu ha una notorietà planetaria, specialmente il jujitsu brasiliano. Come mai tanto clamore?
R: Io non sono un vero esperto di JuJitsu pur avendolo praticato, ma posso dirti che il sistema tradizionale, quello giapponese per intenderci, ha un'etichetta e un senso estetico molto rigorosi, ed è eseguito quasi esclusivamente in piedi. Ho partecipato personalmente a dei seminari diretti da Maestri di nono e decimo Dan, quindi so quello che dico. Mentre il sistema brasiliano, pur iniziando in tal modo, con il tempo si è specializzato nella lotta a terra, dando origine al Brasilian JuJitsu.

D: Quindi, rigore giapponese, fantasia cinese, modernità brasiliana, come si conciliano e qual è meglio?
R: Hai dimenticato misticismo indiano, durezza russa, orgoglio africano, virtuosismo del sud-est asiatico, tatticismo americano, tradizione europeo e tante altre. Chi può dire chi o cosa è meglio? Tutto è meritevole di rispetto, basta amare la propria disciplina e provare sempre a migliorarsi.

D: Ma i sistemi tradizionali non sono ormai sorpassati a favore di discipline come la Kick Boxing, la Muay Thai, lo street fighting, il krav maga o l'mma? Ormai tutti vorrebbero imparare tutto, ed è solo con queste discipline che si può realizzare la vera difesa personale, o no?
R: Non credo che chi pratichi queste discipline lo faccia solo ed esclusivamente per la difesa personale, altrimenti dopo qualche mese, al massimo un anno, avrebbe imparato l'indispensabile richiesto in caso di aggressione, e lì finirebbe la storia. Credo piuttosto che la globalizzazione ed il web ci abbiano portati a quella curiosità che prima non era realizzabile. La voglia di provare è più forte della fidelizzazione ad una sola disciplina. C'è talmente tanta scelta che è facile rimanere affascinati: pensate che vengono pubblicizzate come arti marziali persino discipline aerobiche come l'aerobox, prepugilistica light, kick light ecc, in cui gli iscritti, maschi e femmine, si allenano su ritmi musicali tirando pugni, calci, ginocchiate, gomitate su sacchi leggeri, ma senza nessun contatto fisico e chiaramente senza competizione. E' ovviamente un allenamento aerobico di gruppo, senza correzioni e tatticismi, quindi privo del valore realistico della disciplina originale; tuttavia è curioso e anche divertente vedere come viene impiegato enormemente l'utilizzo di guantoni, cavigliere, paradenti ecc, per trasformare tutti in guerrieri...ma senza la guerra.

D: Quindi lei è contrario alle discipline light? Bisogna ricordare che non a tutti piace il contatto fisico ed avere lividi su braccia e gambe, ne tantomeno sul viso: è per questo che questi "stili" sono così graditi anche dalle ragazze. Io sono un praticante di prepugilistica e mi diverto tantissimo.
R: Io non sono contrario a queste discipline light: mi piacevano le lezioni classiche di aerobica con coreografia a volte interminabili ma molto gratificanti, sia sul piano fisico che mentale, ma le mode sono cicliche e il mercato del fitness ha bisogno sempre di nuove idee. Il problema è che non si possono spacciare per arti marziali queste discipline light solo perchè si tira qualche calcio o qualche pugno, e ci si veste come un guarriero thai.

D: Maestro, le mi sembra decisamente contrario all'utilizzo di protezioni varie. In effetti, guardando i suoi video su Youtube, le sue tecniche sono sempre eseguite a mani nude. Come mai?
R: L'utilizzo delle protezioni è obbligatorio durante le competizioni, quindi anche noi dobbiamo usarle. Tuttavia sono contrario all'uso continuo che se ne fa, soprattutto durante gli allenamenti: si è sicuramente più protetti ma i risultati sono falsati, sia come attaccanti che come difensori, si possono realizzare solo poche tecniche e la sicurezza protettiva dei guantoni risulterebbe inefficace senza gli stessi. Inoltre non si possono realizzare prese, intrappolamenti, chiavi articolari e tutte quelle diversificazioni tecniche di colpi che solo le mani nude possono realizzare. Inoltre l'irrobustimento degli arti, la perfetta chiusura dei pugni e l'impatto devastante che essi possono produrre, non potrebbe realizzarsi indossando sempre fasce e guantoni. Infine, se si è troppo protetti si acquista una sicurezza falsata che in una situazione realistica ci farebbe risultare inadeguati, perché privi di quella durezza mai realizzata min palestra.

D: Quindi Maestro sta dicendo che discipline da combattimento come la Kick Boxing, il Full Contact o il pugilato, solo per citarne qualcuna, non sarebbero adeguate in una situazione più realistica di self defense, visto il loro uso quotidiano di protezioni?
R: Le discipline da te menzionate sono state concepite per le competizioni da ring con regole, arbitraggi e tempi regolamentati, e ogni praticante, amatore o professionista, sa che se vuole avere un bagaglio tecnico completo deve affidarsi anche ad altre discipline che danno possibilità diverse ed un diverso uso delle tecniche.

D: Ma le MMA non sono state concepite proprio per questo?
R: All'inizio si, ma poi con il tempo si sono trasformate in discipline da ring, con regole ed impedimenti. Comunque l'idea è eccellente e a me piacciono.

D: quindi, secondo lei che è un esperto, quel'è l'arte marziale migliore?
R: E' semplice rispondere. L'arte marziale migliore è quella che ti rende sicuro, felice e in pace con te stesso.

Alla prossima

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